Gasdotto TAP: i soliti tubi furbi (video)

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E’ approdata alla Camera dei Deputati la Ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra la Repubblica di Albania, la Repubblica Greca e la Repubblica Italiana sul progetto TAP (Trans Adriatic Pipeline), siglato ad Atene il 13 febbraio scorso.
Il TAP serve per portare in Italia l’abbondante petrolio dell’Azerbaijan, affidando l’operazione alle solite compagnie private e continuando a perseguire lo storico e insensato obiettivo di trasformare l’Italia in un hub del gas.
I Deputati pugliesi del M5S hanno audito gli esperti in Commissione Affari Esteri la scorsa settimana, e hanno poi ribadito in aula la loro ferma contrarietà all’opera.
Questo gasdotto è un’opera di corruzione dei partiti e del potere finanziario; è un favore di 25 anni alle banche che garantiscono gli investimenti del consorzio secondo il solito schema: privatizzare i profitti e socializzare i costi.
Il TAP, scopriamo poi, è registrato presso un noto paradiso fiscale, e questo contraddice le belle parole sull’attirare gli investimenti esteri. Più che altro, si palesa come l’ennesimo progetto che facilita le fughe di capitali, con destinazione ignota. Uno degli esperti ha precisato inoltre che il TAP serve soltanto a migliorare i margini degli acquirenti del gas, senza ricadute in termini di risparmio in bolletta.
I parlamentari pugliesi tutti, sono decisi a non mollare. Sono anni che la Puglia investe e lavora per conquistare un posto di rilievo nel turismo nazionale ed internazionale e finalmente cominciano a vedersi i primi risultati. Inoltre la regione è più che autosufficiente dal punto di vista energetico, quindi il gasdotto TAP non porterà nuovi posti di lavoro ed in ogni caso, meno di quelli che potrebbero nascere investendo nelle rinnovabili e da una politica volta all’efficienza energetica ed alla valorizzazione del territorio.
Il M5S chiede che il consorzio costruttore del gasdotto TAP sia registrato in un paese del territorio italiano, quindi sottoposto a tassazione dei profitti nello stato italiano, e che non sia concessa alcuna forma di sostegno pubblico diretto o indiretto, italiano, europeo o internazionale al consorzio costruttore, alle banche o alle aziende coinvolte.
Se dobbiamo essere succubi delle solite regole del mercato, che almeno chi se ne avvantaggia non chieda contributi statali e paghi le tasse.