La memoria di Dambruoso sui fatti del 29 gennaio (si commenta da sé)

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MEMORIA DEL QUESTORE
ON. STEFANO DAMBRUOSO
SUI FATTI ACCADUTI IN AULA IL 29 GENNAIO 2014
Presidente, Colleghe e Colleghi Deputati, trovo doveroso, e personalmente necessario, dopo giorni di gogna mediatica, ed esplicite minacce, lasciare alla Vostra considerazione Ie mie osservazioni su quanta e accaduto mercoledì 29 gennaio nell’Aula della Camera.
L ‘Ufficio di Presidenza e chiamato a valutare i fatti accaduti ed al riguardo, da subito, ho deeiso di non partecipare, per evidenti ragioni di opportunità.
Una precisazione di metodo tuttavia si impone, precisazione della quale ho partecipato ieri la Presidente con una mia lettera. Vale per il mio caso ma ritengo debba valere sempre, per tutti i procedimenti disciplinari che dovessero attivarsi in futuro. L’istituto dell’audizione in Ufficio di Presidenza, cui sono stati invitati tutti i deputati protagonisti dei fatti eome ricostruiti nella relazione operata dagli Onorevoli Questori Fontana e Fontanelli, prima della decisione sulle eventuali sanzioni da adottarsi, ha natura chiaramente difensiva. Serve dunque ai deputati per esporre Ie proprie ragioni ai fini della valutazione da parte dei componenti dell ‘Ufficio.
In tale procedimento e necessario tuttavia che chi e chiamato a decidere, sia imparziale, appaia tale, e quindi eviti di anticipare il proprio giudizio. Riconosco in ogni caso all’Ufficio di Presidenza I’autorità e la legittimità che mai porrei in discussione. Ma è innegabile che chi ha già espresso pubblicamente il proprio verdetto, dovrebbe quantomeno porsi il problema se astenersi dal partecipare ad una decisione sulla stessa questione sulla
quale si era già espresso.
I fatti. La sera del 29 gennaio mi sono trovato nella mia qualita di Questore della Camera a dover fronteggiare un vero e proprio assalto alla Presidenza e ai banchi del Governo: decine di deputati intenti a scavalcare e occupare i banchi della Presidenza e del governo, allineati come eseguissero un programma ben stabilito e concordato, procedevano senza che la resistenza dei commessi parlamentari , nonostante il loro straordinario impegno, riuscisse a bloccare l’assalto. Si e a lungo discusso sugli effettivi compiti che un Questore della Camera in quei contesti, deve esercitare e si e discettato suI significato del verbo “sovraintendere” con il quale il Regolamento della Camera, all’articolo 10, definisce Ie funzioni dei Questori. Lo ricordo: “…i questori sovraintendono alle spese della Camera, al cerimoniale, al mantenimento dell’ordine e alla sicurezza delle sedi della Camera, secondo Ie disposizioni del Presidente. A tal fine, poiché la forza pubblica non può entrare nelle sedi della Camera senza autorizzazione del Presidente, i questori dispongono degli assistenti parlamentari“.
Sovrintendere significa, letteralmente, vigilare, controllare, assicurare il mantenimento di una determinata situazione. Sicché, sovrintendere all’ordine dell’Aula significa – inequivocabilmente – che colui che e preposto a ciò ha il dovere, non la mera facoltà o discrezionalità, di fare tutto quanto la situazione concreta necessiti per assicurare tale
scopo: la tutela di ciò che si controlla, di ciò a cui si sovrintende.
Tra gli scopi insiti nel mandato di mantenere I’ordine in Aula, vi e anche quello ovviamente di intervenire in aiuto di chi gli e sottoposto per il compito operativo. Immaginare che chi e preposto alIa vigilanza non possa e non debba intervenire ove ci sia una situazione di pericolo e un non senso logico e anche giuridico.
Personalmente sono intervenuto quando era chiaro che i commessi e gli assistenti necessitavano di aiuto ai fini del controllo dell’ Aula, non solo per la sproporzione numerica ma anche per Ie modalità dell’ aggressione: che alcuni di loro abbiano riportato delle contusioni e oramai pacifico a tutti.
Sono quindi intervenuto quando era oramai chiaro che I’aggressione aveva avuto una escalation che andava ben oItre a quanto si fosse mai visto e previsto all’interno dell’Aula: molti parlamentari avevano già occupato i banchi del governo, altri intraprendevano la scalata dei banchi della Presidenza, la colluttazione si faceva sempre più aspra e preoccupante. L ‘unica vigilanza efficace dunque, I ‘unico controllo attivo
possibile era quello di aiutare chi già era intervenuto nell’impedire che venissero letteralmente conquistati i banchi del governo e della Presidenza.
II mio dovere era esattamente questo, cosi come discende dalla natura e dal contenuto del mio incarico. Non è un caso senza facili e retoriche forzature che detto incarico assuma la denominazione di “Questore della Camera”.
Oggi, tutti concordano nel sostenere che si e verificata una situazione “eccezionale” il 29 gennaio nell’Aula della Camera. II che vuol dire che non vi e certo un protocollo di esperienza, un già visto, un vissuto in grado di suggerire cosa fare e come farlo. E, ritengo, che se nuovamente dovesse accadere una situazione simile, un Questore, in assenza di un divieto espresso, avrebbe l’obbligo, anche giuridico oItre che morale, di intervenire e assicurare che proprio quel controllo cui e applicato sia effettivo, efficace, finalizzato allo scopo della sicurezza e dell’ordine nell’Aula.Non mi può essere addebitata quindi Ia circostanza di essermi trovato proprio là sui luoghi e nel frangente dell’aggressione insieme ai commessi.
Quanto invece al contatto con la collega Lupo, alla quale ho rivolto pubblicamente Ie mie scuse dopo avere preso visione di quanta accaduto in Aula, devo fermamente ribadire che – come risulta dalle immagini – non io sono andato allo scontro con la collega, non io ho provocato o fomentato il contatto. Al contrario. Invito tutti a vedere Ie immagini integralmente, senza interruzioni e dilatazioni artificiali: mi trovo accanto agli assistenti e commessi parlamentari. Distante a sufficienza dal luogo della mischia, per non esserne coinvolto. Alcuni deputati cercano di aggirare il muro creato a protezione della Presidenza. Tra questi, una deputata, l’onorevole Lupo, che cerco di fermare nell’atto di
sfondamento. Non ci riesco. Quindi mi rimane solo una possibilità (nessuno e Iì per sostituirmi e bloccarla): allungare il braccio in modo da creare un ostacolo tra lei e il banco del governo, dove peraltro si trova un rappresentante seduto. Sono istanti. La ripetizione infinita delle immagini ha creato l’illusione ottica e percettiva che i fatti si siano svolti per un tempo lungo, sufficiente per premeditare, pianificare, volere ciò che è accaduto. Ma non e così. Sono solo attimi. II contatto con la collega che tanto ha destato scalpore, scaturisce proprio in questa contesto e non e certo frutto di un’azione intenzionale. E fatemi precisare che quello che ne e seguito è solo la “coda” inevitabile di quel contatto accidentale.

Non posso essere oggi chiamato a rispondere di ciò che è accaduto in base ad una distorta lettura retrospettiva, ex post dei fatti: siccome non è accaduto il peggio (e che altro doveva succedere!) allora era evitabile l’intervento. E’ vero il contrario: siccome siamo intervenuti, si è evitato il peggio, perché – è sotto gli occhi di tutti – un “peggio” era stato pianificato e voluto: I’ occupazione prolungata dell’ aula, la messa in fuga della Presidenza, I’umiliazione di molti e lo show demagogico e violento di pochi.
E nei giorni successivi, non io, ma più autorevoli rappresentanti dello Stato, con riferimento a quanta accaduto in quelle ore, hanno parlato addirittura di atteggiamenti
eversivi, cioè, come riporta il dizionario Treccani, di atteggiamenti che tendono a rovesciare, a sconvolgere I’assetto sociale e statale, anche mediante aUi rivoluzionari 0
terroristici
.
Mi chiedo allora come non si possa – alIa luce di una ricostruzione storica dell’accaduto – ravvisare la mia sincera abnegazione per circoscrivere e sedare una situazione difficile
e imprevedibile.
Non si può quindi contestare di aver controllato, vigilato, cioè di aver svolto quella funzione di sovrintendenza cui e coessenziale il concetto di controllo attivo che fa carico a
chiunque svolga un’ opera di controllo: intervenire per evitare l’ evento (altrimenti se ne diventa corresponsabili). Se ciò che si controlla e in serio pericolo bisogna intervenire: in questa sta l’essenza giuridica e permettetemi anche etica del mio compito. Non ho fatto nulla di più che il dovere, il diritto e la coscienza in questi brevissimi e terribili momenti mi hanno chiesto di fare.
Nei giorni seguenti ai fatti oggetto di tale audizione, più di qualcuno ha applicato quale metro di giudizio qualcosa che sintetizzerei nel seguente modo, “né con i deputati grillini facinorosi, né con Dambruoso”. SuI piano personale non ho problemi ad accettare una polarizzazione cosi netta e semplicistica perché per la mia storia professionale mai mi sono sottratto alle responsabilità, Ie ho anzi orgogliosamente indossate e affrontate. Sui piano politico tuttavia mi preoccupa fortemente questa richiamarsi, in nome di un alto senso delle Istituzioni (per la verità a corrente alternata), ad una grigia equidistanza.
Un’ultima considerazione, per me Ia più importante. Non ci sono minacce e strumentalizzazioni, ne falsità (come quelle odiose e inventate fatte circolare in questi giorni) che possano cambiare Ie cose, e neppure la mia natura, la mia educazione e il mio attaccamento alle Istituzioni’ che ho servito in quel frangente, come hanno fatto peraltro anche i commessi cui nessuno pero ha sentito il dovere di presentare delle scuse. Per questo nessuno può permettersi, in maniera tanto semplicistica, di avanzare nei miei riguardi, accuse, di quello che oggi si usa definire, sessismo: la mia limpida storia
personale, di magistrato prima e di legislatore poi, non lo consentono.
Vi ringrazio.