MOSE: “Nessuna sospensione!”, afferma il sottosegretario PD indagato per peculato

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Non bastano le mazzette milionarie e nemmeno gli stipendi al nero elargiti a politici di primo piano. Non è sufficiente la cupola del malaffare scoperchiata – ancora una volta – dalla magistratura, questa volta veneta. Il Mose, come l’Expo, non si tocca.
E neanche vengono messi in discussione gli appalti che sono l’architettura che serve alla malapolitica per ingozzarsi sulle spalle dei cittadini. No: nessuna revisione dei contratti e degli appalti del Mose è possibile. I partiti nulla possono contro un sistema di corruzione arrivato in tutti i gangli degli appalti pubblici. Il motivo? Perché le opere sono già in corso, i lavori avviati e, come nel caso del Mose, quasi ultimati. E poi si lederebbe l’immagine dell’Italia. Ce lo ha detto ieri al question time in Commissione Ambiente il sottosegretario alle Infrastrutture Umberto Del Basso De Caro del Pd.
Guarda caso – è una coincidenza – anche lui indagato per peculato: secondo i magistrati partecipava all’allegro sistema di rimborsi ai gruppi consiliari in Campania.
“Nessuna sospensione dei contratti è possibile – ha detto – bastano i controlli, non c’è bisogno di revisionare nulla”.
Non ci voleva la zingara per capire che il bubbone del Mose sarebbe scoppiato. Noi lo avevamo detto molte volte e proprio ieri il super commissario anticorruzione Raffaele Cantone ha spiegato cosa dovrebbe essere fatto in casi gravi come questo: «Vanno rivisti gli appalti».
Ma per il sottosegretario del Pd è impossibile. Non solo: secondo lui l’inchiesta dimostra proprio che i controlli funzionano. Vanno solo implementati.
E no, sottosegretario: bisogna capire cosa è più importante, terminare a tutti i costi l’opera, con queste aziende, con questi appalti, oppure tutelare davvero la dignità dello Stato. Infatti le stesse imprese implicate nell’inchiesta veneta gestiscono appalti pubblici in Lombardia, per l’Expo, in Liguria, al Sud. Quante pentole di malaffare da scoperchiare. Quando arriva il controllo della magistratura lo Stato ha già fallito.
Per noi la risposta è solo una: basta deroghe agli appalti pubblici – come è stato disposto non più tardi di qualche settimana fa proprio per l’Expo – basta appalti facili, senza regole, basta accanimento terapeutico su opere inutili che – quelle sì – ledono l’immagine del Paese.