Scuola, gli scatti e il merito: Renzi prende per il… naso i docenti!

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E pensare che Renzi finora si è giocato gran parte della propaganda di governo sul tema della scuola, mettendola spesso al centro dei suoi sproloqui. Il premier vola in elicottero sulle teste degli scolari, scherza con i bambini tra i banchi, dice che bisogna investire in istruzione e lancia un piano scuola che per adesso è solo chiacchiere e niente sostanza.
L’unico documento tangibile si intitola “La buona scuola”, approvato in Consiglio dei ministri il 3 settembre scorso, nel quale si dice tra l’altro che gli scatti stipendiali saranno sostituiti dall’introduzione di crediti per meriti didattici, titoli e incarichi.
In sostanza si tratta di un taglio a tutti per consentire solo ad alcuni (il governo parla del 66% dei docenti) di percepire gli aumenti a danno di professori “meno meritevoli”.
La fregatura è semplice e il M5S la evidenzia in un’interpellanza a prima firma del portavoce alla Camera Luigi Gallo: siccome la riforma prevede che solo i due terzi dei docenti potranno percepire uno scatto stipendiale, significa che ogni tre tornate mediamente verranno percepiti solamente due scatti.
Renzi, nel documento, dice che il cambio di regime sugli scatti stipendiali avviene e avverrà a parità di risorse, dunque senza sottrarre nulla ai docenti.
Bugia. Il presidente del Consiglio fa cassa sulla tanto osannata scuola. Il M5S ha fatto i conti con il portavoce Tommaso Currò, della Commissione Bilancio, ed è in grado di dimostrarlo.
Prendendo spunto proprio dalla progressione stipendiale indicata nel documento di Renzi, abbiamo visto che in 36 anni di carriera, grazie agli scatti, i docenti cumulano oggi un maggiore reddito complessivo pari a 118mila euro, mentre con i nuovi aumenti per merito pensati da Renzi si arriva addirittura a 142mila euro. Peccato che questo non valga per tutti i 720mila docenti percettori oggi di aumenti, ma solo per 476mila, circa il 66% appunto.
Non è dato sapere in base a cosa il governo abbia calcolato questa percentuale di fortunati. Probabilmente pesa soltanto una logica di bilancio, visto che lo Stato risparmia una media di 24mila euro a docente a fine carriera. E dunque trattiene risorse, mentre il M5S ha calcolato che la parità di fondi utilizzati (rispetto al vecchio sistema) si raggiungerebbe con la soglia dell’80% dei docenti beneficiati.
A ciò si aggiunge il passaggio a pagina 55 del documento “La buona scuola”, secondo cui “non saranno attribuiti scatti negli anni 2015-2018”. Dunque, il governo farà cassa per complessivi 1,1 miliardi nel triennio (circa 340milioni all’anno), alla faccia di tutta la retorica d’accatto sulla scuola.
Se si considera che l’Italia è il solo Paese avanzato che registra una diminuzione della spesa pubblica per le istituzioni scolastiche tra il 2000 e il 2011, le chiacchiere stanno a zero. Non solo: dal 2012 al 2014 la spesa per istruzione cala ancora, fino all’8,8% previsto per l’anno in corso. E l’Ocse rincara sostenendo che la Penisola è maglia nera per gli stipendi dei bistrattati docenti.
Servono altre prove, o l’istruzione di questo Paese vuole insistere a farsi prendere per… il naso?
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