Le pentole di Renzi e i coperchi di Berlusconi

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Impoverire e schiavizzare il lavoratore mette a rischio il sistema Paese e non solo la busta paga sempre più esigua per contratto e per tassazioni.
In un Paese normale, sarebbero gli imprenditori e non i lavoratori a preoccuparsi per un governo che dispensa “brioche” al popolo. E visto che Renzi non può detassare il costo del lavoro e non può liberarsi dei monopoli privati, compensa i suoi limiti in tema di economia e di libertà di mercato rendendo più poveri e più precari i lavoratori dipendenti. Non per altro: ma se non ho sicurezze, soldi e pari opportunità, non spendo, non consumo e non investo sul futuro.
Dovrebbero essere gli imprenditori, dunque, a solidarizzare coi loro dipendenti e a chiedere alla politica di liberalizzare il mercato dell’impresa e di abbattere le tasse sul lavoro. Altro che eliminare l’articolo 18 e cancellare lo statuto dei lavoratori, solita solfa propinata alla gente, con varie complicità di giornali e corporazioni, da una classe politica che in un Paese normale non sarebbe adatta nemmeno a vendere le pentole.
D’altronde, se un qualsiasi regime si circondasse di personalità alla Pertini o alla Nenni, non sarebbe più un regime, ma una democrazia. Concetto del quale in Italia non conosciamo il vero significato. Altrimenti, un premier che afferma di essere contro i poteri forti, il giorno dopo essere stato a braccetto con Marchionne e aver condizionato in questi mesi la politica della nazione agli interessi della Fiat e della lobby dei petrolieri, sarebbe già stato mandato da un pezzo a dirigere il traffico o a darsi all’ippica. Perché incline alla contraddizione maniacale e alla frottola compulsiva e ossessiva.
E invece, gli hanno affidato il compito di taroccare ancora una volta i conti della nazione: Monti non è riuscito a finire il lavoro sporco, nonostante la Fornero, mentre Letta induceva, forse, troppa depressione nella gente.
Molto meglio come premier, avranno pensato, chi ha anche dimestichezza con la vasellina e una innata incapacità al ruolo di statista. Tanto poi gli affiancano gente come Pier Carlo Padoan, che ha già fatto vedere di che statura sia: «Non sono contrario – ha detto – a portare le pensioni a 70 anni». Spero che valuti, per il bene del Paese, anche le pensioni post-mortem.
Il lavoro è sporco perché sanno bene che per rilanciare l’economia, l’occupazione e la competitività dell’impresa italiana, in un mercato dalle regole truccate e monopolistico come quello italiano, bisogna mettere le mani non ai diritti dei lavoratori o ai salari sempre più magri, ma al credito bancario con tassi da usurai, alla liberalizzazione del mercato, ai costi dell’energia e all’abbattimento delle tasse sul lavoro.
Bisognerebbe in sostanza che le banche tornino a fare le banche e non le società finanziarie (abolire la legge 385 del ’93), altrimenti è come avere un lupo come pastore di un gregge di pecore.
Servirebbe che a un partito come il PD (legge sul conflitto di interesse) sia vietato di essere proprietario di una banca, di due compagnie assicurative e della grande distribuzione, perché altrimenti continuerà ad attuare le peggiori politiche affaristiche spacciandole per riforme.
Sarebbe opportuno che la si finisca di consentire (legge sulle liberalizzazione) che un cartello di poche famiglie dell’alta finanza, qualche multinazionale, qualche gruppo di potere e i partiti si nascondano dietro una miriade di sigle bancarie, assicurative e di negozi commerciali. Sarebbe ora che si metta le imprese in condizione di autoprodursi l’energia che serve per essere competitive sul mercato.
Ed infine che si lasci stare l’articolo 18 e i diritti dei lavoratori e si pensi ad abbattere le esorbitanti tasse sul lavoro per le imprese.
Ma è qui il problema: per riformare il Paese bisogna mettere mani al suo enorme debito pubblico. E per abbattere il debito pubblico con riforme strutturali c’è solo una via: smantellare la fabbrica di consensi e di complicità mafiose che è la struttura clientelare del nostro sistema partito.
Proprio quello che i politici di governo non si possono permettere, perché poi a loro tocca andare a vendere le pentole. E senza disinformazione dei media, consensi estorti, voto di casta, aiuti lobbistici, contributi a pioggia, controllo degli appalti e dei poteri istituzionali dello Stato, voto di scambio, inciuci vari, nepotismo sfrenato, familismo amorale e ricatti occupazionali, la vedo dura per Renzi & Co. sbarcare il lunario vendendo pentole senza coperchi. Quelli se li tiene stretti stretti il signor B.
Vito Petrocelli, capogruppo M5S al Senato