A colpi di decreti omnibus e fiducie, il governo cancella il Parlamento

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A che cosa serve il Parlamento? A fare le leggi. E come si fanno le leggi? Presentando, discutendo e approvando proposte di legge dei parlamentari ed esaminando e approvando quelle presentate dal governo, siano esse disegni di legge o decreti. Ma che fine fa il Parlamento quando questo suo ruolo, cruciale per gli equilibri di una democrazia parlamentare, gli viene nei fatti espropriato? Cosa diventa la nostra Repubblica parlamentare se, di fatto, il potere legislativo si accentra nelle mani di un governo che ha a capo un Presidente del Consiglio che crede di essere un sovrano, un one man show che ha bypassato le urne e che sistematicamente svilisce la dialettica nelle Aule parlamentari a colpi di voti di fiducia? Questo è, in sintesi, quello che accade nel nostro Parlamento, dove ormai gli eletti passano gran parte del tempo a votare Sì o No sui decreti blindati del governo (20 in soli otto mesi!).
Un decreto blindato è un pacchetto chiuso, immodificabile, che non si può migliorare: il governo solitamente lo blinda con un voto di fiducia e addio confronto in Commissione e in Aula. Il governo Renzi, in soli 8 mesi ha utilizzato la fiducia ben 24 volte (inclusa quella che ha chiesto stamane a Montecitorio sulla giustizia civile e quella che si appresta a chiedere a Palazzo Madama sullo Sblocca Italia): 12 volte alla Camera e 12 al Senato, con una media di 3 fiducie al mese. Nessuno è riuscito, in così poco tempo, a fare di meglio: 27 voti di fiducia con il governo Prodi (dal 2006 al 2008 una media di 1,1 fiducie al mese), 53 con il governo Berlusconi (dal 2008 al 2011 con una media di 1,2 al mese), 51 con il Governo Monti (dal 2011 al 2013 con una media di 3 al mese), 10 con il Governo Letta (2013 – 2014 con una media di 0,9 al mese).
A colpi di fiducia, Renzi ha messo mano allo Statuto dei lavoratori, alla giustizia civile, alle norme sulla Pubblica Amministrazione, ha varato lo Sfascia Italia per trivellare impunemente l’Italia, insomma si è lasciato le mani libere per fare danni un po’ ovunque. L’ha utilizzata non come strumento per testare la propria maggioranza in Parlamento – come vuole la prassi -, ma come una clava brandita per ricattare Camera e Senato (se il governo non ottiene la fiducia, infatti, si apre una crisi di governo e c’è il rischio che si torni a votare) e forzare l’iter legislativo dei decreti, mandando in soffitta il dibattito parlamentare e limitando le esigenze delle opposizioni.
Chiedere per 24 volte la fiducia, caro Renzi, non è solo un estremo atto di arroganza, è anche il segno tangibile della tua debolezza e della debolezza del tuo governo: senza voto di fiducia il tuo stesso partito non avrebbe approvato il Jobs Act; senza voto di fiducia la tua maggioranza non avrebbe approvato la riforma della giustizia civile; senza voto di fiducia tu saresti già andato a casa, liberando il Paese dalla tua presenza tossica.
Il Capo dello Stato, intanto, tace. Lui che si è sempre detto preoccupato per l’eccessivo ricorso alla decretazione d’urgenza e alla posizione di questioni di fiducia, oggi fa finta di non vedere e non sentire.