Il prodotto Renzi che si autopromuove a colpi di spot

renzi-vince.jpg
Tutti ricordano l’apparizione di Renzi, allora sindaco di Firenze, alla trasmissione Amici di Maria De Filippi, con indosso un giubbino di pelle stile Fonzie. Già allora emergeva chiaramente la sua abilità nel sapersi adattare alle aspettative e ai gusti del pubblico: una strategia vincente, mutuata dal marketing, che consiste nell’ammiccare, strizzare l’occhio, compiacere, blandire, assecondare gusti, mode e tendenze della platea che lo ascolta, qualunque essa sia.
Oggi che Renzi è a capo del governo, la strategia è rimasta la stessa, si è solo ampliato e diversificato il target di riferimento, costringendo il premier a modulare la forma e i contenuti dei suoi discorsi a seconda della fetta di pubblico a cui si rivolge. Così, Renzi sa benissimo che il bonus bebè è più utile annunciarlo nel salotto pomeridiano di Barbara D’Urso – seguitissimo da un pubblico femminile – piuttosto che in un’Aula parlamentare. Sa perfettamente che su Rete 4, che ha un pubblico anziano, risulta vincente parlare con un linguaggio semplice e diretto, mentre su Rai 2 meglio spingere su temi economici, strizzando l’occhio a un target composto prevalentemente da maschi adulti e con un buon livello di istruzione; e per le signore che non amano la politica ci sono le foto patinate su Chi o Novella 2000, che lo ritraggono come un marito e padre affettuoso.
In questa folle corsa a costruire un personaggio buono per tutte le stagioni e per tutte le età, nulla viene lasciato al caso e la Bibbia sono i sondaggi, che sempre più assomigliano a indagini di mercato: l’agenda del governo si scrive non sulle reali esigenze del Paese, ma sulla base degli indici di gradimento di una misura piuttosto che di un’altra. Il marketing politico non lo hanno certo inventato Renzi e il suo staff, già Berlusconi ci aveva abituato alla potenza di sogni venduti a buon mercato dallo schermo televisivo, a immagini e realtà ritoccate per sembrare eternamente giovane e bello, e a una forma posticcia che sostituisce la sostanza. Ma oggi dobbiamo ammettere che l’allievo fiorentino ha superato il Maestro.
Matteo Renzi è l’incarnazione di un prodotto commerciale che riscuote successo grazie ad una efficace e mirata campagna di marketing, che punta non sulle qualità oggettive del prodotto (in questo caso pessime), ma sulle emozioni che è in grado di suscitare e sulle immagini che evoca nella mente del pubblico. L’attenzione degli elettori viene spostata, coprendo la sua palese incapacità di governare e di portare l’Italia fuori dalla crisi con l’immagine di un personaggio che piace un po’ a tutti, che dispensa sogni sottoforma di promesse e bugie. E’ come il fustino di un detersivo: tutti si affrettano a comprarlo non perché lava bene, ma perché all’interno c’è un regalo. Se poi i panni rimangono sporchi, pazienza.
E proprio come un fustino di detersivo, il prodotto Renzi viene sostenuto da una campagna commerciale fatta a colpi di disinformazione, come quella apparsa in queste settimane su Repubblica.it. Il Pd, che ormai assomiglia a una qualsiasi azienda commerciale più che a un partito, acquista spazi pubblicitari a pagamento (non sappiamo se con soldi pubblici) per dire ai cittadini quanto sono belli lo Sblocca Italia e la riforma della giustizia civile: cioè il Pd paga una testata nazionale per mentire sull’operato del governo!
Questo è ciò con cui dobbiamo misurarci: non un politico, con cui competere ad armi pari, ma un prodotto commerciale che si autopromuove, un personaggio televisivo popolare e di successo che piace a tutti, a destra a sinistra al centro, agli operai e agli imprenditori, ai giovani e ai meno giovani. Se fossimo in un reality televisivo, Renzi avrebbe già vinto; ma nella vita reale il gradimento di cui gode è pericoloso, perché gli fornisce spazi di manovra per portare ancora più a fondo il nostro Paese.
La storia però ci insegna che l’incantesimo può rompersi da un momento all’altro e che l’ubriacatura prima o poi passa. Quando ciò accadrà, il Movimento 5 Stelle sarà lì, pronto a raccogliere i frutti di un lavoro serio fatte fuori e dentro le Aule parlamentari, tra la gente e nelle piazze, lontani dai lustrini della spettacolarizzazione che lasciamo volentieri a Renzi e al suo show.