Jobs Act: cosa si nasconde davvero dietro la riforma

jobsact2.jpg Non sono poche le polemiche che sin dall’inizio hanno riguardato la famosa legge delega lavoro, soprannominata “jobs act” e di certo, con l’arrivo dei decreti delegati, la conflittualità non cesserà, anzi.
Con l’arrivo dei decreti delegati del governo, infatti, la confusione sulla riforma cresce e questo perché nemmeno in poche misere pagine di decreto, il governo riesce a chiarirne il vero scopo e il contenuto.
L’unica cosa chiara è che con la riforma i licenziamenti, siano essi individuali che collettivi, saranno molto più economici e, dunque, maggiormente utilizzati dalle aziende. C’è il reale rischio che vi siano licenziamenti di massa e che vengano eliminati d’un colpo i diritti dei lavoratori.
Con i primi due decreti delegati proposti dal Governo, infatti, è sorto il dubbio che il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, ovvero quello che cancella i diritti dei lavoratori senza aumentare l’occupazione, possa essere applicato anche nel settore del pubblico impiego.
Nonostante il governo si sia affrettato a negare questa estensione, questo è il vero obbiettivo della riforma. Tra l’altro le ultime dichiarazioni di Renzi, che vorrebbe rimettere al Parlamento tale decisione (Parlamento, lo ricordiamo, ridotto a mero esecutore del governo), confermano tale circostanza.
Lo schema dei decreti, infatti, fa espresso riferimento ai “lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato” senza che vi sia dunque l’esplicita esclusione dei lavoratori pubblici. Verso i quali si applicheranno inevitabilmente le nuove norme volute dal Governo.
Ma la cosa più grave è che i decreti attuativi saranno applicabili anche per tutti i licenziamenti che vengano adottati nei confronti dei lavoratori assunti precedentemente all’introduzione della riforma. Questo implica che gli effetti della norma, ovvero la possibilità di licenziare a fronte di un solo corrispettivo economico, sono retroattivi coinvolgendo anche i lavoratori che oggi risultano assunti con contratto a tempo indeterminato.
In sostanza gli attuali lavoratori verrebbero a perdere tutti i loro diritti per essere sottoposti alle nuove norme volute dal Governo. Ci saranno licenziamenti di massa e collettivi prima ancora che vi siano le nuove assunzioni solo prospettate dal Governo.
Infine, nel testo di uno dei decreti delegati vi è una norma che esclude la possibilità per il Giudice di valutare nel merito la proporzione della gravità della condotta del lavoratore con la sanzione ricevuta dal datore nell’ambito del licenziamento disciplinare.
Tale circostanza non solo limita i poteri dei Giudici, i quali devono solo prendere atto dell’esistenza del fatto materiale che ha comportato il licenziamento, ma lede anche il diritto di difesa del lavoratore e rende la norma incostituzionale.
In questo caso, infatti, qualora il lavoratore si assenti anche solo per un giorno dal posto di lavoro o violi anche una semplice norma del regolamento interno aziendale, potrà comportare il licenziamento immediato. Senza che il Giudice possa effettivamente valutare la proporzione tra il fatto commesso (dal lavoratore) e la sanzione subita (il licenziamento).
In pratica qualsiasi violazione disciplinare (anche la più lieve) consentirà al datore di lavoro di disfarsi facilmente del lavoratore, a fronte di un misero indennizzo proporzionato al numero di anni lavorati.
Stiamo assistendo ad una delle peggiori pagine della storia dei lavoratori, grazie al Governo.
M5S Parlamento