Derivati, basta con i segreti: noi non ci arrendiamo

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Sui derivati del Tesoro non ci arrendiamo. Di quei 42 miliardi che ancora risultano missing, una perdita dello Stato che finisce dritta nelle tasche delle banche, vogliamo sapere tutto. Non è possibile che resti un segreto per il Parlamento.
Ci vediamo così costretti ad inoltrare ricorso alla Commissione per l’accesso agli atti amministrativi della Presidenza del consiglio.
I no di Maria Cannata, capo della Direzione debito pubblico del Mef, non possono privare i cittadini del diritto di sapere cosa c’è scritto in quei contratti che si stanno trasformando in una trappola per il Paese. E soprattutto l’opinione pubblica deve sapere se e come le grandi banche d’affari tengono il Tesoro sotto schiaffo.
La gestione del debito è stata pensata a tutela degli italiani o degli speculatori? Pensar male è più che lecito visto anche il pagamento sull’unghia di 2,5 miliardi a Morgan Stanley nel 2012, da parte dell’obbediente Monti e in un momento in cui ci si disperava per lo spread a 500.
Se necessario ricorreremo alla giustizia amministrativa ed anche alla Corte di giustizia europea che, peraltro, di recente ha sancito l’obbligo di divulgare tutte le notizie certe che potrebbero influire sul mercato. Il Tesoro deve attuare trasparenza totale sui 160 miliardi di derivati, che rischiano di mangiarsi i benefici sui tassi d’interesse dei titoli di Stato.