DDL Istruzione: la messa in liquidazione della scuola pubblica

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Da oggi il diritto allo studio è messo in liquidazione, rimanendo un diritto solo “di facciata” così come sta accadendo a tanti altri diritti progressivamente annacquati e deliberatamente destinati a sparire dalla Storia. D’altronde i diritti “costano”, e quindi ora vogliono venderceli.
L’accesso universale allo studio è il vero spartiacque tra essere cittadini informati con strumenti per capire e decodificare la realtà, o sudditi inconsapevoli. Da tempo i governi lavorano alacremente per ottenere quest’ultimo risultato: il suddito ignorante è l’unico che può garantire il potere a una classe politica corrotta e incapace.
Il governo Renzi ha dato la picconata finale. Con l’approvazione odierna del DDL Istruzione, l’accesso a una formazione adeguata sarà appannaggio dei soliti pochi economicamente in grado di investire per il futuro dei propri figli. Anche e persino con l’aiuto dello Stato, che già sovvenziona le scuole private con centinaia di milioni ogni anno contravvenendo all’articolo 33 della Costituzione, e che da oggi le aiuterà ancora di più grazie alle generose detrazioni fiscali alle famiglie stabilite con questo decreto. Il privato è reso insomma sempre più appetibile, mentre la scuola pubblica statale è destinata fornire un servizio “di base”. Scuole per poveri e scuole per ricchi: chissà se è questo che sognavano i padri costituenti.
Probabilmente no. Come probabilmente non sarebbe loro piaciuto per niente veder rispolverata addirittura una legge del 1923*, firmata Mussolini, in cui nelle scuole si conferisce ogni potere ai Presidi. Eppure è proprio ciò che è accaduto. Con la chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici, il rischio di clientelismo e di pressioni indebite all’interno della scuola rischia di diventare una realtà. Il potere accentrato nelle mani di una sola persona non porterà maggiore meritocrazia, ma l’esatto contrario, e non c’è bisogno di scomodare il padre costituente per capire questa semplicissima regola. Il governo pare non farcela però ad afferrare il concetto.
Il MoVimento 5 Stelle, in aula, è riuscito a fermare la destinazione del 5 per mille alle singole scuole, a discrezione del contribuente. Ciò avrebbe portato, secondo noi, più soldi alle scuole “ben frequentate” e meno a quelle in zone difficili, proprio il contrario del principio del diritto allo studio di qualità. Ma il governo ha già in mente di far rientrare dalla finestra il provvedimento con la Legge di Stabilità, non appena troverà le coperture: l’ostinazione con cui si persegue il disfacimento della scuola pubblica e il trionfo dell’ignoranza nazionale sembra non conoscere ostacolo alcuno.
* Gazzetta Ufficiale 129 del 2 giugno 1923, art.27