Il governo delle banche colpisce ancora

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Nel Consiglio dei Ministri di ieri, martedì 23 giugno, è stato approvato a sorpresa il decreto legge sulla deducibilità delle sofferenze bancarie. Tradotto: il Governo destina nuove risorse finanziarie ai bilanci bancari mentre nulla fa per i redditi da lavoro e da impresa. Se fino ad oggi gli istituti di credito potevano spalmare la deducibilità sui crediti svalutati o persi nell’arco di 5 anni (ai fini Ires e Irap), da oggi potranno farlo in 1 anno. Il costo per le casse dello Stato oscilla fra i 3 e i 6 miliardi di euro, mentre le due sentenze della Corte costituzionale sulle pensioni e gli stipendi pubblici richiederebbero in tutto più di 40 miliardi. Quando le banche chiamano il Governo risponde sempre presente, e si vede costretto ad aggirare i pensionati con un ridicolo “bonus”, sperando che la Corte sia clemente sui dipendenti pubblici.
Il viceministro del Tesoro Enrico Morando si giustifica con la necessità di migliorare lo stato patrimoniale della banche italiane in modo da far ripartire il credito e con esso l’economia. Questo nuovo sostegno agli istituti di credito, però, risponde all’ideologia economica che ha portato l’Eurozona al disastro sociale e occupazionale. La testarda convinzione del Governo ispirato da Pier Carlo Padoan (che ha un lungo passato nell’istituzione simbolo dell’austerità: Il Fondo Monetario Internazionale) è che gonfiando di liquidità e nuovi capitali le banche riparta il credito a famiglie e imprese. 8 anni di una crisi devastante non hanno insegnato nulla: a guidare il credito non è l’offerta, ma la domanda. Vale a dire che se famiglie e imprese non vedono davanti a loro solide prospettive di crescita economica eviteranno di stringersi il cappio al collo contraendo un mutuo o un finanziamento bancario che con tutta probabilità non potranno onorare. Pensiamo ad una piccola impresa che dipende dalla domanda interna, inserita in un tessuto sociale dove i consumi sono in calo e la disoccupazione è alle stelle. Perché mai dovrebbe espandere la produzione chiedendo a prestito nuova liquidità se la domanda dei beni che produce ristagna o è in calo?
Nonostante queste evidenze il Governo sacrifica le minime risorse finanziarie concesse dai trattati europei ripulendo i bilanci bancari, quando servirebbero come l’ossigeno investimenti diretti nel settore industriale e misure di sostegno ai redditi più bassi. Da non dimenticare, inoltre, che senza domanda di credito le nuove risorse saranno molto probabilmente impiegate dalle banche in attività finanziarie speculative, col rischio di nuove e pericolosissime bolle.
L’unico modo di far ripartire un’economia depressa in modo sano e sostenibile è aumentare l’occupazione, i redditi dei lavoratori e quindi i consumi interni. A giovarne sarebbero le nostre imprese, incentivate dai maggiori profitti ad espandere produzione e occupazione, e anche la finanza pubblica, che potrebbe beneficiare di una più ampia platea di contribuenti (i neoassunti).
Il modello neoliberista invece dimentica la domanda e premia l’offerta, puntando tutto sulle esportazioni (che richiedono bassi prezzi e quindi bassi salari) e sul credito al consumo, che costringe famiglie impoverite dall’austerità a indebitarsi per mangiare e sopravvivere. Quando la bolla si sgonfia e i bilanci bancari vanno in affanno, non c’è problema: arriva il Governo delle banche e il casinò finanziario può ripartire!