Baraonda in aula: ai politici, toccategli tutto ma non gli stipendi


Ogni anno, ad agosto, si chiude in bellezza con la discussione in aula relativa al bilancio della Camera. In un Paese “normale” dovrebbe trattarsi di una mera formalità, in cui si approva il bilancio trasparente di un’importante istituzione.
In Italia, invece, in aula scoppia una baraonda senza precedenti. Mai visti animi così surriscaldati nella discussione: mai quando si tratta di scuola, salute, lavoro. La partecipazione è in questo caso invece accesissima perché… si tratta dei loro quattrini.
Dai rimborsi di viaggio agli ex parlamentari (finalmente sospesi grazie al M5S), ai vitalizi ai condannati, alla semplice richiesta di rendicontazione sullo stipendio, neanche uno dei rappresentanti dei cittadini rinuncia a dire la sua per difendere i propri privilegi. Risuonano in aula elevati richiami alla democrazia, alla libertà, alla Costituzione, si disturbano persino gli illustri padri della Patria col nobile scopo di tutelare il lauto statino paga.
E naturalmente, volano insulti all’indirizzo del M5S. I nostri portavoce sono definiti gentaglia raccattata per la strada, inutili disoccupati, antidemocratici che odiano la politica, e nel migliore dei casi “angeli vendicatori” che vogliono togliere il pane (e le rose) di bocca ai politici. Potenza della paura, potenza del terreno che trema sotto i piedi.
Per questo, ogni insulto che vola all’indirizzo del M5S da quell’emiciclo risuona sempre di più come un “morituri te salutant“: i cittadini cominciano a capire, e la pacchia sta finendo.