I disastri di MPS: lettera a un senatore M5S

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da un dipendente MPS al senatore M5S Vito Petrocelli,
Caro senatore, ho esitato a scriverti perché il tema per il quale ti scrivo è complesso e non volevo cadere nella retorica e nel piagnisteo. So che il vostro Movimento ha seguito la vicenda MPS e che lo stesso Grillo ha più volte ripreso l’argomento anche nei suoi spettacoli. Ebbene, mi piacerebbe che la vostra attenzione non cali perché ci sono ancora “strani” movimenti che ledono il buon nome dell’azienda e di chi ci lavora. Mi riferisco alle numerosissime pressioni commerciali di cui è oggetto la rete delle filiali. Pressioni che a seconda dei vari direttori raggiunge e supera anche il limite del buon senso e dell’educazione. La banca, come saprai, ha tra i suoi partner Axa (la seconda compagnia assicuratrice al mondo), che è impegnata sul ramo vita, danni e motors. Con la scusa dei prestiti e dei mutui si assicura di tutto , ma purtroppo non secondo la logica assicurativa della prevenzione del rischio ma per rispondere a logiche commerciali di semplice dato numerico. Axa punta ai due milioni di clienti MPS per allargare la propria base, d’altronde Axa siede nel consiglio di amministrazione di MPS, e il suo tornaconto deve in qualche maniera venire fuori. Ora, delle pressioni commerciali il M5S può fregarsene, ma alla fine le polizze vengono fatte ai clienti, e tanti clienti sono cittadini e piccole imprese che già pagano profumatamente il denaro preso in prestito nonostante le banche lo ricevano quasi a tasso zero dalla Bce. Spesso sono ignari cittadini che sono anche oggetto di ricatto da parte nostra: o mi fai la polizza o non ti aiuto. Spesso nemmeno lo sanno di avere la polizza perché le polizze in termini di retrocessione dei premi rendono più delle commissioni di un mutuo o di un fido. Così senza sapere di rami vita, danni, di Legge Bersani, di bonus malus o pejus, tutti in banca diventiamo assicuratori. La memoria corta non aiuta, nonostante avessimo in passato collocato myway e for you, obbligazioni Argentina o Parmalat, i titoli greci, continuiamo con diabolica reiterazione a commettere sempre lo stesso errore. In questi ultimi giorni si parla anche di Bad Bank. Ora, è vero che c’è una grossa fetta di crediti non esigibili o sofferenze, ma una metà ed oltre di queste sofferenze sono costituite da piccole imprese per via di una eccessiva rigidità delle politiche creditizie dell’Unione europea (Basilea 1, 2 e 3) adottate dalle banche. Termometro della rigidità è il rating: un “giudizio ” alfa/numerico che tiene conto dei bilanci e della patrimonializzazione. Così, decenni di azienda vanno in fumo per colpa di un rating negativo, di un D1 piuttosto che di un C3. Il rating va da A1,A2,A, B1,B2,B3,C1,C2,C3, D1 è così via fino a E. Per MPS, D1 non è coerente con le politiche creditizie della banca. I tassi di interesse variano al variare del rating; con A si paga meno, con C molto di più e senza contare quel che pagano le banche con rating D1,D2,D3, che magari per colpa della crisi e degli insoluti si ritrovano ad avere un giudizio negativo prossimo alla spazzatura. I rating B ed A hanno una conoscenza bancaria medio alta, raramente stipulano le nostre polizze. Cosa c’entra la Bad Bank con tutto questo? Si sta studiando una “banca cattiva” che dovrà gestire il credito spazzatura che guarda caso è tutto al Sud? Ma non sarà che nella spazzatura del credito Mps sono finite le sofferenze di Banca Antonveneta, di Banca del Salento, di ex 121, i debiti del Pci-Pds, i debiti delle contrade di Siena, la barca di D’Alema, ecc.? Scusa la polemica, ma se riusciste a tenere alta l’attenzione su questo tema con opportune interrogazioni e comunicazioni fareste un piacere non tanto a me, ma a 30mila dipendenti e 2,4milioni di clienti. Ovviamente ti prego di mantenere riservata la fonte, sennò dovrò cercare un’altra occupazione.
Grazie, M.