Ecco come il governo ha spento la RAI

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Un servizio radiotelevisivo pubblico indipendente, lontano dalle logiche dello share, in cui si alimentano la professionalità e i talenti del mondo dei media, in cui si coltivano i giovani in gamba che lavorano nella cinematografia e nel documentarismo. E’ così che il Movimento 5 Stelle avrebbe voluto finalmente la Rai.
Invece oggi, grazie a un disegno di legge governativo, ci ritroviamo con una tv pubblica interamente nella mani del governo, costruita a immagine e somiglianza del presidente del consiglio Matteo Renzi. E tutto nel silenzio assordante di un Paese anestetizzato, che oggi sembra non reagire, ma che qualche anno fa sarebbe stato pronto a salire sulle barricate se tutto lo avesse fatto un governo di centrodestra.
Quella che il Parlamento ha appena approvato è una lottizzazione 2.0, in cui c’è un Cda nelle mani della maggioranza e un governo che si nomina il superamministratore delegato, il quale a sua volta nomina tutti i dirigenti apicali, i direttori di rete, i giornalisti, in spregio a qualsiasi regola democratica e di indipendenza del servizio pubblico.
Un indiscutibile balzo nel passato, che ci equipara a paesi come la Moldavia e l’Ungheria, gli unici in Europa a nominare l’amministratore delegato tramite il Governo, senza alcun tipo di cuscinetto.
Il sistema messo in piedi è funzionale a fare della tv pubblica la cassa di risonanza del governo, affinchè racconti una realtà distorta, in cui i problemi e i drammi del Paese si nascondono o vengono edulcorati, per lasciar spazio alla storiella del ‘tutto va bene‘, il ‘Pil cresce‘ e la ‘disoccupazione diminuisce‘ tanto caro a Renzi.
Eppure la strada per l’indipendenza della Rai era un sentiero percorribile con la volontà di tutti. Il M5S aveva presentato una serie di proposte, paletti di buon senso per introdurre in Rai trasparenza e competenza e per spazzare via i partiti dalla tv pubblica: non appartenere al Parlamento negli ultimi 5 anni prima di entrare nel Cda, per esempio, e non far parte di segreterie di partito.
Maggioranza e governo li hanno bocciati tutti e oggi nel Cda di Viale Mazzini ci ritroviamo l’ex spin doctor di Renzi, Guelfo Guelfi, e l’attuale assistente del Presidente della Commissione Istruzione del Senato Rita Bordoni, in quota PD.
Di cose mal fatte nel testo ce ne sono tante altre: dalla deroga sugli appalti, per continuare a favorire gli amici degli amici, alla delega in bianco al governo per il testo unico dei media, così la comunicazione e l’informazione resteranno la ricca torta che si spartiranno i soliti noti.
Il governo non è stato in grado nemmeno di applicare un principio semplice e di buon senso: almeno destinare i soldi del canone, recuperati inserendo la tassa nella bolletta dell’energia elettrica, nella Rai stessa, reinvestirli per far crescere e migliorare questa azienda che, purtroppo per tutti noi, continuerà a spegnersi nelle mani di una classe politica ingorda.