Lavoro: la “voucheropoli” che sfrutta ma fa comodo al governo

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Nel mercato del lavoro, il sistema dei voucher sta cannibalizzando le altre tipologie contrattuali, proprio come è successo in Germania con i mini-job. Nessuna formazione, nessuna tutela alle persone: i buoni spesso servono, in realtà, anche per giustificare il lavoro nero. Siamo a una ‘voucheropoli’ conclamata.
La commissione lavoro del M5S ne ha chiesto conto in aula a quello stesso governo che sta inneggiando alla “ripresa”: chiediamo un monitoraggio del fenomeno, e l’applicazione di correttivi alla disciplina del lavoro accessorio.
Nati per precise tipologie di lavoro occasionale (colf, braccianti, ripetizioni, baby sitter), con la liberalizzazione dello strumento i voucher hanno dilagato un po’ in tutti i settori: commercio, turismo, edilizia. Si è allargata la platea dei destinatari, e il limite di importo annuo. Così siamo arrivati a 102 milioni di pezzi emessi nel 2015. Ma siamo a una forma spinta di precariato, l’evoluzione del vecchio cottimo: niente diritti, niente assicurazione, niente di niente. Briciole per nuovi schiavi.
D’altronde il disegno del Jobs act è chiaro: agevolare la circolazione del capitale comprimendo i diritti del lavoro. I dati Oxfam dimostrano che stanno aumentando le diseguaglianze, mentre non è dimostrata alcuna correlazione tra flessibilità precarizzante e creazione di posti o aumento produttività.
Tutti i governi, di destra e sinistra, si sono trovati d’accordo sul principio di liberalizzazione dei voucher. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Il M5S invece sa che un reale progresso passa soltanto attraverso un Reddito di Cittadinanza per tutti, e una forte redistribuzione delle ricchezze.