Iraq. Comanda Kerry, e in cambio di un appalto ci manda in guerra

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I militari italiani (ri)partono per la guerra. Destinazione: Mosul, Iraq, la città dove Al-Baghdadi proclamò il Califfato. Un posticino tranquillo.
L’idea naturalmente non è nostra, come non lo è mai quando si tratta di politica estera. L’ordine è partito dal segretario di Stato Usa John Kerry, lui stesso non ha faticato ad ammetterlo. Durante la sua visita a Roma è stato trattato dai nostri vertici come un proconsole, manca solo che Renzi e la Pinotti gli diano in mano anche la guida delle nostre forze armate.
Ma in cambio della guerra “abbiamo” ottenuto un succoso appalto (capirai che affare per il Paese) per la manutenzione della diga di Mosul, 200 milioni di euro assegnati all’azienda Trevi di Cesena. Insomma, un privato. E lo Stato italiano spende altre centinaia di milioni di euro per inviare i propri soldati a proteggere l’appalto di un privato: guadagni privati, costi pubblici.
Insomma passiamo disinvoltamente dal “ce lo chiede l’Europa” al “ce lo chiede l’America”, e sempre pronti a scattare sull’attenti.