Made in Italy: ecco la storia segreta dell’olio d’oliva, insabbiata dal Pd


Vi raccontiamo la storia segreta dell’olio d’oliva, una storia sporca che va avanti dal 2011 e che il Pd sta provando in ogni modo ad insabbiare.
Protagonisti sono una decina di etichette molto note, che hanno formato un cartello: un blocco di imprese, produttori e distributori, alleate nel nome della speculazione fondata sulla frode commerciale, sull’inganno del consumatore, su un modo di operare che è diventato ‘sistema’ e sta accumulando profitti patrimoniali enormi. Sono attive per lo più nel Centro Italia. Importano enormi quantità di olio da Spagna, Grecia, Tunisia. In molti casi lo acquistano da società intermediarie alle quali però risultano collegate: stesso gruppo, stesso padrone, un’unica famiglia. Controllano i prezzi, controllano il mercato. Un tempo in queste aziende italiane si spremevano olive: oggi restano solo dei silos, che stoccano olio di diverse provenienze venduto poi con una bella etichetta made in Italy.
Dalle audizioni in Commissione Contraffazione è emerso che questo fenomeno è ben studiato e seguito dall’Agenzia delle Dogane, e il Ministero delle Politiche Agricole ne è ben consapevole ma non fa nulla per contrastarlo. Ecco perché il Pd ha cestinato gli aspetti più scottanti della relazione: per non mettere in difficoltà il Governo.
Mentre Renzi si limitava a organizzare convegni all’Expo sull”eccellenza italiana’, la Spagna riusciva a far eleggere un proprio uomo nel posto più ambito del Consiglio oleicolo internazionale (COI), e altri uomini nei posti chiave per controllare le dinamiche legislative, ma anche i fondi, del settore olivicolo-oleario.
Il Governo italiano ha preferito invece snobbare il Coi: scelta sbagliatissima, perché è proprio nell’organismo internazionale dell’Onu che si fanno le regole commerciali che valgono poi in tutto il mondo.
Come spesso accade, il Governo fa passi falsi e poi il M5S lavora per rimediare. Ora chiediamo che vengano accolte le nostre proposte: contrastare i grandi cartelli industriali internazionali e richiamare il Ministero delle Politiche Agricole al suo ruolo, sancito dalla legge ma finora trascurato. E ancora: sensibilizzare l’Antritrust per far aprire un fascicolo sulla filiera dell’olio d’oliva, e creare una banca dati nazionale delle varietà di olii d’oliva italiani con l’indicazione d’origine geografica in grado di tracciare le materie prime utilizzate, evitando così le miscelazioni con olii di provenienza straniera vendute poi illecitamente come made in Italy.
La storia dell’olio è oggi una storia sporca. Noi la vogliamo pulita, e vogliamo che in tutta la filiera dell’oro verde italiano torni la trasparenza.