Caso Regeni, due mesi di mancate verità: la replica del M5S a Gentiloni


Nel video, gli interventi di Alessandro Di Battista e Stefano Lucidi.
Su Regeni finora abbiamo assistito a una ricostruzione dei fatti che non può reggere alcuna verità. Una rapina senza il denaro, una tortura senza torturatori, una banda di criminali prima colpevoli dell’omicidio, e poi no. Tutti morti, ovviamente e dunque muti per sempre.
Sono trascorsi due mesi, due mesi di false piste e mezze testimonianze, di verità mancate e dossier segreti sulla barbara uccisione del nostro connazionale e il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ci degna finalmente di una sua presenza in Parlamento.
Il governo dice di chiedere la verità all’Egitto sul caso Regeni ma fra i trattati internazionali firmati dal governo Renzi in materia di assistenza giudiziaria non c’è quello con l’Egitto. Se lo avessimo fatto, ora il procuratore Pignatone avrebbe le mani più libere per indagare.
In Egitto dal 2015 sono stati accertati 1176 casi di tortura e 500 detenuti sono morti in carcere, questo è lo stato con il quale il governo ha affari per 5 mld di euro l’anno. Da Eni a Banca Intesa, oltre 100 imprese sono attive sul mercato egiziano.
Il governo è complice e fa affari con chi tortura. L’anno scorso abbiamo scoperto che nell’anno 2014 sono state autorizzate esportazioni verso l’Egitto per armamenti per un valore di 31.784.818 euro.
Si tratta di business, un business che non si ferma neppure davanti al corpo di un giovane italiano torturato. E il ministro degli Esteri sa solo balbettare le stesse ovvietà da mesi. Noi non ci stiamo.