La tortura e la violenza sono la normalità

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La tortura e la violenza sono la normalità, registrazioni sconcertanti da Parma.
“Quanto sta emergendo dal procedimento sollevato dalle denunce del detenuto Rachid Assarag che ha reso pubbliche le note audio in cui si documentano le ripetute violenze subite da parte della Polizia Penitenziaria è sconcertante. Avevamo cercato di sollevare la questione con un’interpellanza urgente in Parlamento ma è comunque calato un profondo silenzio. Oggi, il giornalista Tizian de l’Espresso ricostruisce un pesantissimo clima di tortura e violenze non solo ai danni di Assarag, ma di qualsiasi detenuto che si ribella alle regole non scritte del carcere, come il detenuto Campanile che sembra essere stato lasciato morire in cella. L’avvocato difensore Anselmo, per non far archiviare il caso sollevato da Assarag, ha reso pubbliche tutte le registrazioni che ha effettuato aiutato da un gruppo di lavoro della facoltà di giurisprudenza dell’Università di Ferrara, si evince una e propria sospensione di ogni diritto democratico, in un audio un agente afferma: «Se io devo fare la regola della giustizia, facevo il magistrato[…]spero che rimettano le torture, mi propongo io come boia”.
I membri M5S della commissione Giustizia sono preoccupati dalla cappa di silenzio e dal clima di omertà che viene disvelato dagli audio di Assarag: “Questo caso produce prove difficilmente confutabili. Possiamo ascoltare decine e decine di conversazioni registrate, poliziotti penitenziari, medici e psicologici che di fatto ammettono un clima di violenze ripetute e continue in cui sembra non esserci nessuna possibilità di difesa, perché le autorità preposte al controllo e alla salvaguardia dei tenuti si preoccupano soltanto di coprirsi a vicenda. E’ una clima di violenza indiscriminata, un clima da leggi medioevali, eppure siamo in Italia nel 2016 e tutto questo non può essere assolutamente permesso. Chi è in cella sta scontando la sua pena, paga per ciò che ha commesso, ma per nessuno reato è prevista la violenza o la pena di morte”.