DL Banche: dovrebbe “tutelare il risparmio”, invece viola la Costituzione

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Arriva in aula alla Camera il decreto legge sulle banche che dovrebbe, secondo le intenzioni, produrre “disposizioni urgenti per la tutela del risparmio”. Abbiamo ben visto, negli scorsi mesi, come il risparmio sia stato tutelato da questo governo: stavolta si produrrà il miracolo?
Ad una lettura approfondita, non pare proprio. Anzi, il testo viola almeno tre articoli della Costituzione.
L’articolo 3 laddove si sono congegnati sistemi di rimborso che discriminano i risparmiatori di Mps rispetto, ad esempio, a quelli fregati con il decreto di risoluzione delle quattro banche, nel novembre 2015. I primi godranno di una conversione per cui riceveranno alla fine obbligazioni senior garantite dallo Stato, quindi è come se avessero in tasca liquidità vera e propria. I cittadini colpiti dal crac forzato del novembre 2015 hanno invece ottenuto solo un risarcimento forfait all’80% e non per tutti. Inoltre, non hanno potuto tentare la strada degli arbitrati per un risarcimento integrale, dunque è stato violato pure l’articolo 24 della Carta, nel momento in cui, appunto, non si concede a tutti in modo uguale di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
Infine, viene calpestato l’articolo 47 della Costituzione sulla tutela del risparmio. Infatti, il testo del governo non vincola in alcun modo l’uso dei fondi pubblici a un utilizzo prudente e non protegge gli istituti salvati da possibili, futuri crac. Bisognerebbe infatti legare in modo davvero stringente i compensi dei banchieri, almeno la parte variabile, ai risultati della banca salvata: ma ciò con il decreto non avviene. Sarebbe necessario mettere uno stop a precedenti accordi su buonuscite d’oro o premi straordinari per i manager che lasciano una banca sostenuta con soldi pubblici: ma questo il decreto non lo prevede. Infine, sarebbe stato utile concedere allo Stato azionista la possibilità di promuovere da solo azioni di responsabilità contro gli amministratori: ma ciò nel testo non è contemplato.
Le banche che creano danaro dal nulla si mettono il cappio al collo con prestiti non dovuti agli amici degli amici, con acquisizioni spericolate, con la finanza speculativa e i derivati. Lo Stato sta mettendo 6,5 miliardi circa nella banca del Pd e ne diventerà azionista al 70%. Eppure lascia gli amministratori al suo posto, per giunta liberi di gestire la dismissione degli Npl senza alcuna chiarezza, magari con vendite in blocco che fanno felici gli speculatori internazionali.
Anche il M5S utilizzerebbe danaro pubblico per stabilizzare il Montepaschi e il sistema bancario, tuttavia lo faremmo nell’ottica di un addio al principio della banca universale e di una separazione netta tra banche d’affari e banche commerciali, avendo come stella polare la tutela del risparmio e il sostegno all’economia reale. Ma, soprattutto, noi avremmo fatto chiarezza sui prestiti deteriorati della banca del Pd, sui legami incestuosi tra amministratori, politica e grandi ‘bidonisti’. E avremmo fatto pagare il conto ai manager per le loro responsabilità. Tutti principi che in questo decreto non esistono.
Insomma, questo non è un problema di ‘banchette’, ma di ‘governicchi’.