Dati Ocse: ovvero, la scuola italiana “che resiste”

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Siamo felici per i dati positivi diffusi dall’Ocse riguardo alla scuola pubblica italiana. Ma non possiamo fare a meno di apprezzare anche l’incredibile resilienza della nostra scuola, che riesce a conservare ancora qualcosa della sua originaria eccellenza malgrado le picconate infertele da tutti gli ultimi governi.
Tutti i governi, ma uno in particolare: quello di Matteo Renzi, che oggi senza alcun ritegno si fa bello dei dati Ocse come se fossero merito suo e del suo partito.
Tanto per dirne una, Renzi tre anni fa dichiarava trionfante che avrebbe investito 3 miliardi in più nella scuola. Ecco qua invece, i numeri ufficiali delle risorse per l’istruzione: 65,193 miliardi del 2015; 65,253 nel 2016, a 65,238 nel 2017, 65,946 nel 2018.
La cosiddetta legge “Buona Scuola”, probabilmente, è stata chiamata così per indicare l’obiettivo da colpire: l’ottima scuola italiana ha infatti dovuto subire tagli ai fondi, istituti sempre più fatiscenti (nel 2017 stanziati per l’edilizia scolastica la miseria di 6 milioni) e pochissimi a norma, il “sostegno” a singhiozzo, le deportazioni dei docenti su e giù per il Paese, le abissali differenze nel tempo pieno tra Nord e Sud, la sporcizia dovuta alla disastrosa privatizzazione dei servizi, le scarse assunzioni malgrado le promesse.
La scuola italiana, come certifica l’Ocse, ancora primeggia nel mondo solo grazie all’altissima qualità garantita da provvedimenti che risalgono ormai a decenni fa, e grazie all’impegno (anche economico) di docenti e genitori che disperatamente cercano di mantenere gli standard a cui il Paese e le giovani generazioni hanno diritto. Quanto potrà resistere ancora, però, la scuola pubblica italiana? Noi lo sappiamo: dovrà resistere solo fino al prossimo anno, quando al governo ci sarà il M5S e finalmente si potrà fare sul serio.