Camera, ecco l’audizione #Zuccaro: “E’ consentito a organizzazioni private di sostituirsi alla politica?”(video)

Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione


Seduta n. 41 di Mercoledì 22 marzo 2017 (Estratto)

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, dottor Carmelo Zuccaro

PRESIDENTE. 

(…)Vorremmo affrontare con lei questa possibile ipotesi – non so come dirlo, perché non voglio usare termini atecnici, impropri – di collaborazione eccessiva tra alcune organizzazioni non governative rispetto ai trafficanti di migranti. Si tratta di accuse che sarebbero state già prospettate in due rapporti interni di Frontex (l’ex agenzia dell’Unione europea delle frontiere esterne, recentemente trasformata in una nuova agenzia europea) con riferimento a fenomeni tra alcune ONG e trafficanti sulle rotte migratorie dalla Libia all’Italia.
  
In uno dei rapporti si leggerebbe che i migranti irregolari in arrivo dal Nord Africa avrebbero ricevuto chiare indicazioni, prima della partenza, sulla direzione precisa da seguire per raggiungere le imbarcazioni delle ONG. Nell’altro rapporto, Frontex avrebbe segnalato un primo caso registrato in cui le reti criminali avrebbero trasportato i migranti direttamente sull’imbarcazione di una ONG. Non viene specificato quale.
(…)
  Secondo quanto risulta al Comitato,
lei avrebbe anche affermato di recente che avete osservato con dati anche messi a disposizione da Frontex un aumento di piccole ONG impegnate nel salvataggio di migranti con alle spalle ingenti capitali. «Vogliamo capire chi ci sia dietro e che cosa nasconda questo fenomeno. Stiamo facendo un ragionamento molto attento, ma non ci sono gli elementi per aprire un fascicolo, soltanto per proseguire la nostra analisi.» Le saremmo grati se volesse commentare queste parole e spiegarci un po’ a che punto è dell’osservazione del fenomeno.
(…) 

Risulterebbe che anche a suo giudizio non vi sarebbero prove di un collegamento diretto tra i clandestini e i terroristi, ma abbiamo ragione di ritenere che parte dei proventi del traffico delle migrazioni clandestine finisca in mano a organizzazioni terroristiche o paraterroristiche.
  Da ultimo, c’è una mia considerazione personale, che faccio sempre, probabilmente allo stato non attuale, ma vorrei che ci aiutasse a capire
se secondo lei sono già in essere o potrebbero esserlo degli interessi delle organizzazioni criminali nazionali relativamente agli sbarchi. Probabilmente, lei ci potrà già dire qualcosa sul percorso d’accoglienza sul territorio. Anche relativamente al traffico di esseri umani vede delle problematicità?
  Signor procuratore, le cedo la parola. Dopo il suo discorso, lascerò la parola ai colleghi per delle domande.

  CARMELO ZUCCARO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania.
La ringrazio, presidente, perché mi dà l’occasione di presentare l’esperienza del nostro ufficio, che sin dal novembre 2013, quindi a ridosso delle tragedie che costarono la vita a numerosi migranti al largo di Lampedusa, ha costituito un gruppo con lo specifico compito di occuparsi del contrasto non al fenomeno migratorio clandestino soltanto, ma a coloro che organizzano il traffico di questi migranti.
(…)
  Ricordo che una delle prime volte che mandammo delle nostre unità navali a sequestrare un’imbarcazione, una nave madre, all’epoca intercettammo delle conversazioni: coloro che si trovavano sulla nave madre si mettevano in contatto con gli organizzatori, rimasti nelle terre di origine, e questi li tranquillizzavano dicendo loro di stare tranquilli, che non potevano far loro nulla perché in acque internazionali non si può intervenire, il reato non è commesso, non c’è la giurisdizione italiana. Con loro grande stupore, invece, intervenimmo, sequestrammo il natante e traemmo in arresto coloro che si trovavano a bordo di quel natante.
  Da allora, a seguito dell’affermazione di questa giurisdizione, si sono organizzati in maniera molto diversa. Adesso, come sappiamo, non arrivano più barconi con gli organizzatori, ma soltanto i piccoli barconi con i migranti.
  Tuttavia, nel corso dell’operazione «Mare Nostrum», attraverso la collaborazione soprattutto delle unità navali più attrezzate, dotate anche di apparecchi di ricognizione, riuscimmo ad avere delle informazioni e un aiuto molto valido per individuare e perseguire gli organizzatori. Anche a mutata modalità di trasporto di queste organizzazioni, infatti, accanto ai barconi piccoli, che non avevano più la nave madre, vi era una serie di natanti più piccoli che svolgevano la funzione di facilitatori, cioè apprestavano le vettovaglie, davano indicazioni circa la rotta che doveva essere seguìta, e magari sul barcone vi erano persone più sprovvedute che non disponevano di nozioni di navigazione tali da poter affrontare il viaggio in alto mare.
(…)
  Anche da qui sono intervenute delle modifiche. In questo momento, le navi di Eunavfor Med si trovano in una linea arretrata rispetto alla linea iniziale di intervento. Attraverso un’interlocuzione anche con il comandante in nave della missione, l’ammiraglio Berutti Bergotto, si è realizzata una collaborazione, che è stata, nei limiti in cui poteva essere, piuttosto proficua per acquisire informazioni e notizie sugli assetti che andavano a mano a mano realizzando in alto mare.
  A partire dal settembre-ottobre del 2016, abbiamo invece registrato un improvviso proliferare di unità navali di queste ONG, che hanno fatto il lavoro che prima gli organizzatori svolgevano, cioè quello di accompagnare fino al nostro territorio i barconi dei migranti.
  Abbiamo registrato la presenza, nei momenti di maggiore picco, nelle acque internazionali di 13 assetti navali, come lei, presidente, ricordava. Ci siamo voluti interrogare, cercando di essere attenti all’evoluzione del fenomeno, sulla strategia migliore per poterlo contrastare, cercando di capire perché mai vi fosse stato un proliferare così intenso di queste unità navali. Soprattutto, abbiamo cercato di capire come si potessero affrontare costi così elevati senza disporre di un ritorno in termini di profitto economico.
  Quello che è emerso dagli esiti della prima indagine conoscitiva che abbiamo fatto è che il Paese europeo che ha dato vita alla maggior parte di queste ONG è la Germania, alla quale fanno capo ben 5 di queste ONG: SOS Méditerranée, Sea Watch Foundation, Sea-Eye, Lifeboat, Jugend Rettet.
  Sono ben sei navi presenti, perché SOS Méditerranée può contare su una nave, Aquarius, che batte bandiera di Gibilterra, una nave guardapesca; Sea Watch Foundation ha due unità navali, una che batte bandiera neozelandese e l’altra che batte bandiera olandese; Sea-Eye può contare su un’unità che batte bandiera olandese; Lifeboat su un’unità che batte bandiera tedesca; l’ultima, Jugend Rettet, su un peschereccio che batte anch’esso bandiera olandese.
  Per quello che abbiamo potuto ricavare dai primi accertamenti, i costi mensili o giornalieri che affrontano queste ONG sono effettivamente elevati.
  Per quanto riguarda, per esempio, Aquarius, la nave di SOS Méditerranée, ci risulta che ammonta a circa 11.000 euro al giorno il costo di gestione della missione. Per quanto riguarda, per esempio, il peschereccio Jugend, i costi mensili ammontano invece su base mensile a circa 40.000 euro.
  Per quanto riguarda la ONG MOAS, fondata nel 2013, che ha sede a Malta, abbiamo due unità: la Phoenix, che batte bandiera del Belize; la Topaz Responder, che batte bandiera delle isole Marshall. Sono certamente sospetti anche i Paesi che danno bandiera a questi assetti navali.

  I costi mensili che si affrontano, compresi i soli costi di spedizione di noleggio di due droni – hanno anche dei droni ad alta tecnologia, dati in noleggio dalla Schiebel, un’azienda austriaca che produce questi apparecchi sofisticati, che svolgono attività di ricognizione, e quindi sono in grado di individuare in alto mare, ma a volte anche in territorio libico, i barconi che si trovano in acqua – ammontano a circa 400.000 euro. In questi costi non sono compresi, ovviamente, quelli per l’acquisto delle navi… Sto parlando dei costi mensili dell’ONG MOAS. Questi sono dati piuttosto approssimativi, ma che hanno un’approssimazione abbastanza affidabile.
  Dicevo che cinque sono le ONG tedesche. Non voglio considerare Medici senza frontiere, che opera con due unità (la Bourbon Argos e Dignity I), e Save the Children, che opera con un’unità. Le altre sono due navi di una ONG spagnola, che prima si occupava anche di salvare i migranti siriani che tentavano di raggiungere l’isola greca di Lesbo partendo dalla Turchia. Adesso, operano tranquillamente nel Mediterraneo. La loro unità navale batte bandiera panamense. Una è di Malta. Non abbiamo, quindi, trovato ONG, né ci aspettavamo di trovarne, di nazionalità non europee. Non ci aspettavamo di trovarne, perché sarebbe stato ingenuo pensare che questo potesse avvenire.
 Queste unità navali, vi dicevo, a volte operano all’interno del territorio libico. In ogni caso, quasi sempre operano in acque internazionali, proprio nell’immediato confine del territorio libico. Se volete dei dati che vi diano un’idea del fenomeno, nel corso del 2016 – tenete conto che queste ONG hanno cominciato a operare in maniera così numerosa soltanto a partire dal mese di settembre-ottobre – circa il 30 per cento dei salvataggi i cui migranti siano poi approdati nel distretto catanese era da riferire a salvataggi effettuati dalle ONG. Questo 30 per cento si è prodotto soltanto negli ultimi quattro mesi del 2016. Nel corso del 2017, in cui c’è un proliferare di sbarchi veramente incredibile, abbiamo almeno il 50 per cento dei salvataggi effettuato da queste ONG.
  Parallelamente a questo, registriamo un dato che ovviamente ci desta molta preoccupazione: i morti in mare nel corso del 2016 e del 2017 – parlo solo di dati ufficiali – hanno raggiunto un numero elevatissimo. Nel corso del 2016, mi risulta che oltre 5.000 persone, dati ufficiali, sarebbero morte in mare nel tentativo di entrare in Europa. Per quanto riguarda il nostro distretto, quello catanese, abbiamo più di 2.000 morti nel triennio 2013-2015, e questo numero di morti non accenna a diminuire. Vi ho detto che nel 2016 siamo arrivati a quella cifra.
  Questo mi induce a ritenere che la presenza di queste organizzazioni, a prescindere dagli intenti per cui operano, non ha attenuato purtroppo il numero delle tragedie in mare. Sono convinto che i dati ufficiali di questi morti rispecchino soltanto in maniera molto approssimativa il dato effettivo delle tragedie che si verificano in alto mare.
  Noi stiamo constatando che, effettivamente, i barconi su cui questi migranti vengono fatti salire sono sempre più inadeguati al loro scopo, sempre più inidonei. Le persone che si pongono alla guida di questi barconi sono sempre più inidonee. Ormai, non sono più appartenenti, sia pure a livello basso, all’organizzazione del traffico. Stiamo parlando di persone che vengono scelte all’ultimo momento tra gli stessi migranti, a cui viene data in mano una bussola, quando viene loro data, un telefono satellitare, quando viene loro dato, e si dice loro di seguire una determinata rotta, che tanto prima o poi è certo che – è quello che viene detto a loro – li soccorrerà una ONG.
  (…)

In questo momento, quindi, registriamo una sorta di scacco che la presenza di queste ONG provoca nell’attività di contrasto al fenomeno degli organizzatori del traffico.
  Sostanzialmente, questo è il dato oggettivo che vi rappresento. Che cosa si propone di fare il nostro ufficio? Non siamo abituati, infatti, a registrare un fenomeno senza cercare di individuare possibili strategie di contrasto.
  Noi riteniamo ci si debba porre il problema di capire da dove provenga il denaro che alimenta, che finanzia questi costi elevati. Da questo punto di vista, la successiva fase della nostra indagine conoscitiva sarà quella di capire quali sono i canali di finanziamento.
  Certo, ci rendiamo conto che la circostanza per cui alcune di queste ONG possono contare anche sulla donazione del 5 per mille detraibile fiscalmente anche in Italia, oltre che in altri Paesi, rende più difficile individuare in tutti i modi tutte le forme di finanziamento possibili. Ci rendiamo conto che il fatto che alcune di queste unità battano bandiera di Paesi non propriamente in prima fila per la collaborazione con le autorità giudiziarie, ci renderà più difficile questo compito.
  Tuttavia, credo che questo compito debba essere svolto. La procura di Catania lo farà – ovviamente, abbiamo una sfera di competenza ben limitata – in relazione a quelle ONG che porteranno dei migranti del nostro distretto. Non ci potremo certamente estendere ad altri distretti.
  L’altra cosa che vogliamo cercare di capire è se da parte di queste ONG vi è comunque quella doverosa collaborazione che si deve prestare alle autorità di polizia e alle autorità giudiziarie al momento in cui si pongono in contatto con l’autorità giudiziaria italiana.
  Come lei ricordava, presidente, già il fatto che venga disattesa l’applicazione della Convenzione di Ginevra e delle altre convenzioni internazionali che prevedono il soccorso in alto mare nella misura in cui non si approda nel porto più vicino, ma in quello che costituisce la meta intermedia agognata, quantomeno dei migranti, e cioè l’Italia, e la Sicilia in particolare, indubbiamente è un’anomalia che va registrata.
(…)
Per quanto riguarda il MOAS, sappiamo che quelli che hanno finanziato questa ONG sono degli imprenditori italo-americani, Christopher e Regina Catrambone, i fondatori del MOAS. Sappiamo anche quali sono i loro principali sponsor, la stessa Schiebel, l’azienda austriaca che produce i droni di cui quest’organizzazione si avvale, Caritas Germany, Unique Maritime Group e così via. Sono i principali sponsor del MOAS.
  Anche SOS Méditerranée, che si avvale in larga misura anche di personale di Medici senza frontiere, è stata ideata dall’ex ammiraglio della Marina tedesca Klaus Vogel, che appunto ha pensato di dar vita a questa ONG. Il Sea-Eye è di un imprenditore tedesco di Ratisbona. Per quanto riguarda l’unità navale Astral, uno yacht trasformato in vascello di salvataggio, utilizzato da Proactiva Open Arms, l’organizzazione spagnola, risulta essere stata donata dall’imprenditore italiano Livio Lo Monaco. Ripeto che siamo a un primo livello conoscitivo. D’altra parte, è da poco che abbiamo iniziato quest’indagine, e quindi altri elementi in questo momento non sono in grado di fornirveli.
 (…)
  Credo di aver dato indicazioni in ordine ai vari punti che lei mi segnalava, salvo quello del terrorismo. Per quanto riguarda il terrorismo, le indicazioni che nascono dalle nostre indagini sono quelle per cui effettivamente alcuni dei soggetti che giungono nei nostri territori sembrano già in qualche modo radicalizzati, nel senso che quando abbiamo potuto sequestrare dei telefonini o della documentazione in loro possesso alcuni di loro avevano video e immagini che riprendevano scritti e parole d’ordine che sono propri dell’Isis o Daesh.
(…) 

 PAOLO ARRIGONI. Sì, esatto. Lei ha parlato dell’operazione navale Eunavfor Med, ma non ha citato Triton, che ritengo sia ancora vigente come operazione navale. Lei ha parlato di percentuali di attività di soccorso svolte da queste ONG che stanno crescendo: il 30 per cento, nonostante abbia operato solo nel terzo quadrimestre 2016; il 50 per cento in questi due mesi e mezzo da inizio anno. Ma come avviene la distribuzione delle operazioni di salvataggio? Non ci dovrebbe essere una centrale operativa che raccoglie i segnali di soccorso? Vorrei capire come avviene l’attribuzione delle operazioni di salvataggio, posto che ci sono le navi di Triton, le navi della Guardia costiera e queste ONG. Si è innescata una sorta di competizione? Alla luce di queste criticità, mi domando se le indicazioni da qui in avanti non debbano essere rivolte alle navi che fanno parte dell’operazione Triton.
 In ordine alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, lei ha citato che potrebbero essere attuate delle violazioni di questa convenzione da parte delle ONG, visto che, fatto il soccorso al limite delle acque territoriali libiche, anziché portare i migranti salvati a Zarzis, vengono a portarli in Sicilia. Non ricorrono gli estremi per aprire già qui un’inchiesta giudiziaria? 

  GIORGIO BRANDOLIN. (…)
  
Sul discorso dei finanziatori lei ha fatto dei nomi che non conosco, i soldi mi sembrano tanti, quindi lei come interpreta questo fenomeno? Dal punto di vista umanitario, sociale e forse anche politico c’è una volontà di creare «corridoi sicuri» per portare questi migranti della Libia in Italia, anche se i morti sono migliaia o c’è qualcos’altro?

  CARMELO ZUCCARO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania.
(…)

un tempo noi registravamo i naufragi (quando vi ho fornito il dato di oltre 2.000 morti verificatesi nel distretto catanese tra il 2013 e il 2015 mi riferivo a quello) in alto mare, ma comunque in zone ben controllate dagli assetti navali (Mare Nostrum e Mare Sicuro), e lì sì che possiamo disporre di dati attendibili.
  Il punto è che oggi di questi naufragi non abbiamo documentazione, perché noi li ricaviamo indirettamente dal fatto che le persone che salviamo ci parlano di persone con cui viaggiavano che sono morte e ci raccontano dei naufragi avvenuti, ma questo ce lo dicono quelli che sono riusciti a scampare alla morte e sono stati soccorsi.
(…)
  Poiché la zona interessata è facilmente individuabile, è evidente che le unità navali delle ONG si trovano prima e, siccome il principio che si segue quando viene compulsata la centrale operativa operante nel Lazio è quello della nave più vicina al luogo in cui si verifica l’emergenza, è evidente che le ONG avranno sempre un vantaggio rispetto alle altre unità navali, che tra l’altro neanche cercano questo vantaggio, perché si tratta di essere distolte dalla loro attività e quindi di subire anche dei danni economici.

Le unità navali, come dicevo all’inizio, stanno cercando di arretrare il loro fronte perché la loro missione principale non è il salvataggio. Eunavfor Med non viene infatti creata dall’Unione europea per il salvataggio, ma viene creata per contrastare e, se operassero a ridosso, non potrebbero operare il contrasto, quindi hanno arretrato rispetto all’iniziale assetto delle loro navi. Le ONG invece avanzano.
  Il discorso è un altro: sono convinto che non sempre comunque sia stata la centrale operativa a chiamare le ONG. Io ritengo che poiché i punti di contatto con le ONG si desumono anche dalle fonti aperte – se andiamo su internet, possiamo riuscire a reperire anche numeri di telefono e punti di contatto di queste ONG – come si fa ad escludere che siano state chiamate direttamente?

(…)
  Vedete, sul punto, sembra facile poterlo accertare, ma è tutt’altro che facile. Lo dico perché se qualcuno chiama prima una ONG e l’ONG interviene e poi ci si mette al sicuro chiamando anche la centrale operativa, io non saprò mai esattamente qual è stato il primo contatto, perché ovviamente non ho sotto controllo i telefoni che vengono chiamati. Quindi, è oggetto di una nostra indagine, ma non è facile riuscire ad accertarlo, eppure varrebbe la pena di farlo perché questo ci darebbe indicazione non necessariamente – attenzione – di un coinvolgimento, ma del fatto che effettivamente la possibilità di accedere facilmente, attraverso la consultazione di internet, a questi punti di contatto fa scattare un collegamento di fatto, obiettivo, tra gli organizzatori del traffico e queste ONG.
(…)
  Vengo al discorso della volontà di creare corridoi sicuri. Qual è la volontà che anima le ONG? Noi abbiamo ovviamente fatto un ventaglio di ipotesi. Si può partire da quella peggiore, che è quella di un consapevole accordo che sarebbe potuto intercorrere tra le ONG e queste organizzazioni. Questa, che è l’ipotesi sicuramente peggiore, non dà al momento alcun riscontro, ma è ovvio che ci lavoriamo.
  La volontà di creare corridoi sicuri è certamente un dato oggettivo. Loro stanno creando oggi un corridoio che consente un accesso in Italia, che sicuramente è del tutto anomalo, perché siamo interessati da correnti di traffico che certamente non ci sarebbero state se le ONG non avessero creato questi corridoi. Allora, io mi chiedo, ma sicuramente ve lo chiederete voi prima di me, perché è il vostro compito: è consentito a delle organizzazioni private di sostituirsi alle forze politiche e alle volontà delle nazioni nel creare questi corridoi e nello scegliere le modalità per creare questi corridoi? È consentito che siano loro a sostituirsi agli Stati? Io credo che questo sia un problema di carattere politico che voi vi dovete porre. Il problema che mi pongo è il seguente: questi soggetti, a prescindere dal fatto che ancora non ci risulta e probabilmente non perseguiranno profitti privati, si rendono comunque responsabili del reato quantomeno di cui all’articolo 12 della cosiddetta «Bossi-Fini» oppure no? Per questo vi dico che non appena si verificherà un caso che mi dia la possibilità di farlo, su questo aprirò un’indagine.

(…)

  ANDREA BONOMO, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania.
  Il fenomeno che è cambiato rispetto agli altri anni, e in coincidenza anche con la presenza delle ONG (senza volere creare una necessaria relazione), è che mentre nei mesi di dicembre, gennaio, febbraio, negli anni precedenti le partenze diminuivano moltissimo, in questi anni invece vi sono state moltissime partenze a novembre e dicembre, con 150 persone su un gommone che ne potrebbe contenere 10. Perché? Evidentemente la prospettiva è di percorrere un tratto di mare minore: lo dicono questi migranti, è evidente, si sa. Vengono messi alla guida un ghanese di venti anni… Per capirci, quelli che troviamo come driver, come vengono chiamati, di questi gommoni, parliamo di ragazzini 18, 19, 20 anni che hanno uno spessore criminale…
  Da qui la circolare del procuratore, con la condivisione di tutto l’ufficio, di non procedere ai fermi e alle misure cautelari e di ingolfare ulteriormente la macchina della giustizia per processare un diciottenne ghanese al quale viene detto, cinque minuti prima della partenza, «guida il gommone fino a dove vedi le luci». Queste navi delle ONG hanno dei potentissimi fari – c’è anche da dire questo – e si vedono a miglia di distanza. Considerato che si mettono a poco più di 12 miglia dalla costa libica, capirete quanto è facile il tragitto.
  Questo porta a partire anche con condizioni di mare forza 4, forza 5.
In quelle condizioni, in realtà, questa operazione di fatto – senza voler attribuire responsabilità – certamente ha portato anche a un aumento del numero delle morti, in parallelo all’aumento delle partenze. 

(…)
  Abbiamo raccolto anche dei dati, con nomi, numeri di telefono, dati molto rilevanti anche rispetto a organizzazioni operanti in Libia, lì naturalmente poi ci siamo dovuti fermare perché c’è un profilo di collaborazione con uno Stato… ci sono dei problemi politici nei rapporti con la Libia che non sto qui a dire perché immagino che li conosciate meglio di me.
(…)

  CARMELO ZUCCARO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania.
Intanto possiamo ritenere che vi sia un coinvolgimento, quindi un articolo 12 come reato da contestare, in quanto si parta dal presupposto che quindi non si sia agito nel rispetto delle convenzioni che prevedono il salvataggio in alto mare, perché di per sé la violazione della Convenzione non è sanzionata penalmente. Quindi, noi possiamo ritenere che vi sia una rilevanza penale nell’agire, se riteniamo che non si è agito come fanno le navi militari, i pescherecci eccetera che vengono chiamati in quanto hanno operato in una situazione di necessità e attenendosi alle indicazioni che vengono fornite dalle centrali operative, ma invece si opera agendo al di là di questi limiti posti dalle convenzioni.