Lorenzetti (PD). Coopsette, Unipol e altri oscuri tunnel TAV
A volte i trombati, riciclati e paracadutati della politica entrano in un tunnel che non ha nulla a che fare con il divertimento. Si tratta invece dei 73 chilometri di galleria del Tav Bologna-Firenze. E in questo caso c’è davvero poco da divertirsi.
A volte i riciclati-paracadutati vedono una luce in fondo alla galleria, ma capiscono presto che non si tratta dell’uscita. E’ piuttosto il treno di un’inchiesta giudiziaria che arriva in corsa senza frenare.
Maria Rita Lorenzetti, esponente Pd di tradizione comunista e di confessione dalemiana, è stata per due volte presidente della Regione Umbria e, poi, non essendo prevista la carica di governatore a vita, si è comodamente adagiata sulla poltrona della presidenza di Italferr, società del gruppo Ferrovie dello Stato che opera nel settore dell’ingegneria dell’Alta velocità.
Le indagini della procura di Firenze sul Tav vedono l’amichetta di “Baffino” coinvolta fino al collo, tanto che Lorenzetti è finita agli arresti domiciliari con le accuse di corruzione, associazione a delinquere e abuso d’ufficio.
L’ex governatrice, secondo le ipotesi investigative, faceva pressioni e usava le proprie amicizie e la propria influenza per sbloccare i pagamenti alle aziende Nodavia e Coopsette (la prima è un consorzio controllato dalla seconda), aziende impegnate nell’Alta velocità appenninica. Mentre in cambio l’esponente Pd avrebbe conseguito, dice il Gip, “incarichi professionali nella ricostruzione del terremoto in Emilia in favore del di lei coniuge“, che è un architetto.
Coopsette è un colosso con 37 società controllate e 42 partecipate. Ma la sua galassia di appartenenza è targata Unipol, il gigante assicurativo per cui ha contribuito a costruire persino la torre di Bologna attraverso la controllata Methis. Dunque parliamo di coop rosse, il milieu economico-finanziario d’elezione degli esponenti del Pd che provengono dall’ala Ds, quello che una volta era il “favoloso mondo” del Pci.
L’inchiesta di Firenze scoperchia un verminaio di pressioni, ricatti, odi, raccomandazioni, mazzette, funzionari bravi rimossi dall’incarico, geologi compiacenti che vogliono entrare in politica e spintarelle per occupare le poltrone. Coinvolge Ercole Incalza, dirigente dell’unità di missione del ministero delle Infrastrutture. E poi funzionari dell’Autorità di vigilanza sulle opere pubbliche, delle commissioni dei ministeri delle Infrastrutture e dell’Ambiente. Tutto all’ombra della solita opera pubblica ciclopica e inutile, un’opera che finora ha dato molto da lavorare soprattutto ai magistrati e ha generato centinaia di milioni di euro di danni ambientali.
I deputati del M5S hanno chiesto conto in un’interrogazione al dicastero dell’Ambiente dell’ultimo scandalo che avviluppa il Partito Democratico fino ai vertici, visto che nelle carte dell’inchiesta circolano i nomi di Bersani e Finocchiaro quali “bersagli” delle pressioni della “squadra” di Lorenzetti. L’indagine lambisce anche il governatore della Toscana Enrico Rossi, che, secondo le dichiarazioni del funzionario regionale Fabio Zita, non avrebbe gradito il lavoro di quest’ultimo sul Tav. Lo stesso Zita, non a caso, sarebbe stato poi rimosso, secondo le carte dei magistrati, grazie alle pressioni della ex governatrice umbra.
I deputati M5S hanno anche denunciato come le “infiltrazioni della criminalità organizzata e precisi interessi affaristici di parte politica” emergano “in questa delicata inchiesta giudiziaria che ha portato al blocco giudiziario dei cantieri”.
Cosa diranno adesso quelli del Pd? A Via del Nazareno sanno ancora annusare il puzzo della corruzione e del malaffare? O stare a braccetto al governo con il condannato ha anestetizzato le loro narici?