M5S scrive a Grasso: fuori Fazzone e Bilardi dalla Commissione antimafia!

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L’intero gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle a Palazzo Madama ha scritto al Presidente del Senato Pietro Grasso informandolo sulla pesante inopportunità della nomina in Commissione Antimafia da parte dei gruppi di appartenenza, dei senatori Giovanni Bilardi (Gal) e Claudio Fazzone (Pdl). Ecco il loro brillante curriculum, illustrato nella lettera aperta a Grasso.
Ill.mo Sig. Presidente del Senato,
vogliamo farLe un breve resoconto sull’attività di due futuri componenti della Commissione Antimafia, la cui storia personale influisce pesantemente sull’opportunità della loro nomina in un organismo che vuole essere uno strumento di controllo di un fenomeno che ha pesato, da sempre, come un macigno sullo sviluppo economico-sociale del Meridione e che, nella storia recente della Repubblica, ha condizionato pesantemente e negativamente l’intero Paese.
Stiamo parlando dei Senatori Giovanni Bilardi e Claudio Fazzone.
Il Senatore Giovanni Bilardi, già consigliere regionale per la Lista “Scopelliti Presidente”, della quale è stato coordinatore e capogruppo, è indagato dalla Procura di Reggio Calabria per peculato, falso e truffa.
Si vuole ricordare che le ”spese folli” del Consiglio regionale calabrese – non dissimilmente da quelle fatte in altre regioni dal 2010 al 2012 – hanno raggiunto particolari livelli di abiezione umana più che politica, avendo avuto ad oggetto gratta e vinci, serate in discoteca, pay per view e – addirittura – la lap dance.
L’ex capogruppo si è fatto rimborsare un set di valigie da 1.200 euro, comprato con i soldi dei contribuenti, rimanendo personalmente coinvolto in un’assai lunga lista di “spese” poco chiare imputabili alla suddetta Lista, oggetto – su sollecitazione della Corte dei Conti – d’indagine da parte degli investigatori di Reggio Calabria: un lunghissimo elenco di fatture, buoni acquisto e scontrini, al vaglio delle toghe competenti sui conti delle pubbliche amministrazioni, che hanno gravato sui finanziamenti pubblici messi a disposizione delle strutture regionali per le “attività istituzionali” legate alla rappresentanza e all’attività politica.
Il Gruppo di Bilardi avrebbe speso, in uno noto negozio di articoli da regalo extra lusso, cifre importanti per “oggetti di rappresentanza”: è nota la vocazione, in tale veste, dell’argenteria così com’è nota l’intimità all’attività politico-istituzionale di contributi spesi per spettacoli – ripetutisi nel tempo – di un gruppo cubano.
E’ anche il caso di richiamare l’attenzione sul coniuge del Senatore, Maria Angela Chirico, che fa parte dello staff della Commissione straordinaria insediatasi a Palazzo San Giorgio dopo lo scioglimento del Comune di Reggio Calabria per infiltrazioni mafiose, ed è tra i 75 indagati per truffa nell’inchiesta “Torno subito”, che ha colpito i presunti assenteisti del Comune.
Tralasciando quello che potrebbe essere visto come un episodio minore, legato ad una visione contorta nella normalità della percezione di comportamenti illeciti, ispirati da un costante abuso politico-amministrativo nella pratica di chi si occupa della gestione della cosa pubblica, preoccupano di più gli episodi – dei quali il nostro territorio è prodigo – di collusione della politica con la criminalità organizzata.
Se sembra assimilabile al gossip la confidenza del collaboratore di giustizia Roberto Moio sul fidanzamento del figlio del senatore con la figlia di Roberto Franco (elemento di spicco della ‘ndrangheta reggina), l’ex consigliere regionale è pure zio di Ettore Bilardi che in termini di reati, nella vita, si è fatto mancare ben poco.
AI congiunto del politico si può attribuire una carriera criminale di tutto rispetto con una invidiabile escalation di imputazioni delle quali si ricordano, per importanza, le gravi violazioni di legge di carattere associativo e di natura mafiosa, l’omicidio in concorso, la detenzione abusiva di armi, l’associazione di tipo mafioso, l’evasione, il danneggiamento e l’estorsione. Più volte latitante, secondo gli investigatori è stato prima al servizio dell’autorevole cosca Tripodo, poi “emigrata” a Fondi, in provincia di Latina, poi di “altre, altrettanto potenti e radicate, operanti nell’area nord di questa città”.
E da quest’ultimo riferimento vogliamo attrarre l’attenzione sull’ex autista dell’allora Ministro dell’interno Nicola Mancino, Claudio Fazzone, anche lui ben inserito nel suo territorio, Fondi, feudo del centrodestra in provincia di Latina, interessato nel 2008 da una richiesta di scioglimento per mafia. Tante indagini raccontavano dell’esistenza nel comune pontino di un intreccio pericolosissimo tra pezzi di ‘ndrangheta e amministratori pubblici, di fronte al quale il sindaco di allora, Luigi Parisella, più volte chiuse gli occhi ; un primo cittadino che con l’attuale Senatore – oltre ad avere un rapporto politico e di amicizia – era socio. Egli usò tutto il suo peso politico di uomo più votato della Regione Lazio per bloccare quella richiesta caduta sul suo potentato. Pochi giorni prima della decisione del Consiglio dei Ministri, il sindaco si dimise, scongiurando concretamente l’arrivo dei commissari prefettizi.
Meno bene è andata al senatore Fazzone quando, come presidente del Consiglio regionale del Lazio aveva invaso la scrivania del dirigente della ASL di Latina con lettere di raccomandazione, tutte su carta intestata, a scanso d’equivoci : attività per la quale è sotto giudizio davanti al tribunale di Latina per abuso d’ufficio.
Paradossalmente, a costui, verrà demandato l’esame di questioni delicatissime, come la trattativa Stato-Mafia, che vede imputato quello stesso Nicola Mancino al quale era a servizio.

Paola Taverna e tutto il gruppo parlamentare M5S del Senato