La ricetta di Letta per favorire l’innovazione digitale… negli altri Paesi!
Nell’ultima settimana il Governo Letta, alcuni esponenti dei partiti e le autorità indipendenti i cui componenti sono stati scelti dagli stessi partiti, hanno approvato o proposto una serie di leggi e regolamenti volti a restringere gli spazi di libertà in rete, frenando l’innovazione in Italia (altro che agenda digitale) e adottando iniziative chiaramente contrarie alla libera di impresa e al libero uso delle nuove tecnologie.
La direzione del Governo è chiara: proteggiamo il vecchio e gli amici degli amici e diamo un calcio a questa economia digitale.
Ma andiamo con ordine.
1) REGOLAMENTO AGCOM SUL DIRITTO D’AUTORE ONLINE
Il Regolamento approvato giovedì 12 affida all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), autorità che dovrebbe vigilare sul mondo delle comunicazioni, il ruolo di ordinare su richiesta dei titolari dei diritti (Mediaset, SIAE e compagnia cantante) la rimozione di contenuti su internet sospettati di violare il diritto d’autore arrivando, nei casi più gravi, a chiudere l’accesso ai siti dall’Italia.
Già in fase di consultazione pubblica, partita in piena estate il 25 luglio, avevamo manifestato al Presidente di AGCOM il montiano Angelo Cardani, tutte le nostre perplessità sullo schema di regolamento sul diritto d’autore online.
Scrive Fulvio Sarzana sul Fatto Quotidiano: “Il regolamento è completamente sbilanciato a favore delle grandi lobby dell’intrattenimento, dell’editoria, ma anche del software. La norma, come si diceva, istituisce un meccanismo di segnalazione all’Autorità e di ordini di rimozione e/o di disabilitazione all’accesso, istituito dall’Agcom, che diviene signora incontrollata di qualsiasi attività avvenga sul web italiano.
Contrariamente a quanto affermato dai Commissari dell’Agcom, che rilasciano interviste surreali sull’assenza di poteri su soggetti che non siano i provider, al solo scopo di far rientrare il regolamento nelle norme sul commercio elettronico, la norma si estende in realtà a tutti i soggetti del web, italiani ed esteri.
Basti pensare che la stessa autorità può rivolgere la richiesta di rimozione a chiunque possa avere un qualche contatto con un file sospettato di violare il diritto d’autore, al prestatore di servizio, al gestore della pagina o del sito, all’uploader, anche se tale soggetto sia all’estero, ovvero tale soggetto non si trovi, ovvero sia anche soggetto ad una legge estera”.
Un regolamento ispirato a logiche di censura scritto dall’AGCOM sulla base di un’interpretazione dei propri poteri fortemente contestata da accademici ed esperti del settore (cercate la norma di legge che affida ad AGCOM poteri sulla rete: non la troverete).
AGCOM sostiene di avere i poteri per regolare internet e dice di aver avuto pareri favorevoli in questo senso da 10 costituzionalisti italiani. Peccato che questi pareri sembrano scomparsi e non sono stati pubblicati dall’AGCOM. Alla faccia della trasparenza e della partecipazione.
Il Regolamento non è solo sbagliato e pericoloso nel merito ma anche l’atteggiamento tenuto da AGCOM e i suoi componenti prima e dopo l’approvazione del regolamento è da denunciare. Infatti, prima di rendere pubblico il regolamento, né il Presidente dell’AGCOM né i suoi commissari (l’ex Publitalia Martuscello e Posteraro), hanno ritenuto opportuno venire in Parlamento per svolgere un’audizione nelle commissioni competenti così come era già avvenuto a Luglio. Abbiamo già denunciato con decisione quest’atteggiamento, ma purtroppo non avremo la possibilità di ascoltare il presidente prima della seconda settimana di Gennaio davanti alle Commissioni riunite Cultura e Comunicazioni della Camera.
A cose fatte ed amici ormai accontentati.
Il M5S ha pronta da settembre una proposta di legge sul diritto d’autore per superare quest’anomalia tutta italiana e dare nuovo impulso alla creatività adattando il sistema di protezione del diritto d’autore alla nuova realtà digitale.
AGCOM però ha già deciso senza ascoltare, né riferire al Parlamento.
2) EMENDAMENTO SULLA WEB-TAX NELLA LEGGE DI STABILITA’
Fortemente voluto da una parte del PD (Francesco Boccia) e sostenuto in seguito anche da SEL, l’emendamento in questione è riuscito nella facile opera di dividere non solo il PD, ma anche il Governo.
L’emendamento approvato ieri sera in commissione Bilancio alla Camera, prevede che «i soggetti passivi che intendano acquistare servizi online, sia come commercio elettronico diretto che indiretto, anche attraverso centri media ed operatori terzi, sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita Iva italiana».
Questa proposta, partita con l’ottima intenzione di rendere tassabili i volumi di vendita realizzati in Italia dalle big del web come Google, Amazon, Facebook e Apple, rischia in realtà di esporci non solo ad «una procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea, per possibili violazioni dei trattati e delle normative Ue sui princìpi del mercato unico e della libera circolazione dei servizi», come ricorda l’American Chamber of Commerce in Italia, rappresentanza di 200 Camere di commercio statunitensi, ma rischia anche di essere un ostacolo dal sapore protezionista per l’espansione dell’economia digitale, soprattutto da parte di quelle piccolissime web companies che si affacciano sul mondo del web.
“La norma proposta, in definitiva, avrebbe l’effetto di creare in Italia un regime normativo e fiscale, per l’Internet economy, differente rispetto a quello degli altri Paesi dell’Unione Europea. La naturale conseguenza sarebbe un forte ostacolo – e un disincentivo potente – agli investimenti esteri in questo settore (come se non bastassero i venti di rivolta sociale e il livello di incertezza politico-istituzionale a scoraggiare i capitali esteri dall’investire in Italia)” scrive Piercamillo Falasca.
Anche su questo da subito abbiamo denunciato l’illogicità della scelta fatta sottolineando come bisogna lavorare in Europa per contrastare l’elusione fiscale delle grandi multinazionali della rete e prendiamo atto di essere in buona compagnia se commentatori internazionali come Tim Worstall su Forbes e alcuni digital champions italiani ci danno ragione.
Difficile fare peggio? Aspettiamo a dirlo.
3) DECRETO DESTINAZIONE ITALIA
Questo decreto annunciato in pompa magna dal Presidente Letta durante l’ennesima richiesta di fiducia, doveva in realtà riuscire ad attrarre capitali ed innovazione dall’estero rendendo l’Italia un Paese più attraente.
Niente di tutto ciò, solo fumo negli occhi.
In realtà dalle indiscrezioni circolate in queste ore, sembra che il decreto contenga ancora una volta norme di favore per vecchi modelli di business e sempre i soliti noti. Si vuole contrastare la crisi del comparto editoriale, che evidentemente avrà qualche ragione di esistere, nonostante la sovvenzione statale del finanziamento pubblico all’editoria.
Anche in questo caso sono presenti commi ed articoli volti a frenare in qualche modo lo sviluppo di internet. Da Medialaws un commento su quella che dovrebbe essere la norma più sfacciatamente contraria all’innovazione del decreto: “L’elemento davvero “innovativo” è la seconda parte del primo paragrafo che prevede, in sostanza che per lo svolgimento dell’attività sul web di aggregazione di notizie attraverso siti internet e/o motori di ricerca è necessaria l’autorizzazione dei relativi aventi diritto. In sostanza, secondo la nuova disposizione il mero linking e/o l’indicizzazione di contenuti editoriali costituisce comunicazione al pubblico e, quindi, per essere svolta richiede l’autorizzazione del titolare dei diritti sul contenuto linkato.”
Insomma anche per linkare un articolo, bisognerà chiedere il permesso alle associazioni di categoria degli editori! E se non si trova l’accordo decide AGCOM, ancora una volta l’Autorità votata dai partiti.
In sintesi, non c’è che dire.
Bye bye Internet altro che destinazione Italia come scrive Guido Scorza sul Fatto quotidiano.
Questo Governo sta davvero lavorando per favorire le nuove tecnologie, Internet e le piccole imprese che si sostentano sul settore ITC. Ma negli altri Paesi. Ora Renzie sembra che voglia intervenire su webtax e regolamento AGCOM….vedremo se non sarà solo altro fumo negli occhi.
In ogni caso, l’incompetenza dimostrata anche in questa occasione rafforza il nostro convincimento. #tuttiacasa
Mirella Liuzzi, Commissioni Trasporti, Poste e Telecomunicazioni M5S Camera