Clamoroso: un lobbista scrive a Luigi Di Maio
Gentile Vice Presidente della Camera, cittadino Luigi Di Maio,
Lei vuol cacciare i lobbisti dal Parlamento. E’ una semplificazione, ma da lobbista le dico che forse ha ragione. Condivido quanto lei ha affermato per spiegarsi: “La nostra è una battaglia di trasparenza. Vogliamo dare un nome e un cognome a tutte le persone che avvicinano i parlamentari nelle stanze dove si prendono le decisioni”.
Non mi ritenga insolente se aggiungo che non basta. I lobbisti spesso ne sanno più dei parlamentari, a parte quei parlamentari che fanno i lobbisti, e tutti sanno che quando il Parlamento sceglie in nome di un interesse generale, qualcuno ci guadagna e qualcun altro ci rimette. Per chi fa il lobbista alla luce del sole è diventato più noioso, che dannoso, sentir parlare di lobbying, di assalti alle diligenze e francamente anche di regolamentazione. Quanto ai pasticci che vengono combinati sono soprattutto farina del sacco dei decision makers pubblici che non sentono nessuno e ignorano le conseguenze delle decisioni assunte.
Anche questo governo aveva in programma una regolamentazione della rappresentanza di interessi e non se ne è fatto nulla perché quella “lobby del caos” che è la tecnocrazia dominante, ha sbarrato il passo al tentativo di rendere davvero obbligatorie interazione e trasparenza. Dal ponte di comando è arrivato l’ “indietro tutta”. A proposito: perché invece di chiedere solo delle chiacchiere personali non chiede al Ministro Di Girolamo che fine ha fatto l’Unità Tecnica per la Trasparenza presso il MIPAAF? L’unico registro dei lobbisti esistente. Vorrà dire che ci regoleremo da soli.
Lei, signor Vice Presidente, ha ragione da vendere quando cerca di saperne di più e di portare trasparenza. Se ci riuscirà, farà l’interesse dei cittadini e dei lobbisti seri. Da quando faccio attività di lobbying (14 anni) non ho mai avuto permessi permanenti, cioè quei cartellini che sono regolati anche da lei attraverso la Presidenza della Camera. Quando qualche cliente ha chiesto di incontrare un parlamentare, per lo più, è avvenuto su appuntamento, non durante i lavori delle Commissioni e spesso presso i gruppi.
Nei giorni scorsi se ci fossero stati on line i provvedimenti in corso di elaborazione e anche i suggerimenti dei lobbisti, ci sarebbe stato meno affollamento nelle salette e si sarebbero fatte meno fesserie. Se i pareri dati alle Commissioni dei due rami del Parlamento, dagli uffici studi fossero pubblici da subito ci saremmo evitati la tarantella della webtax. Per dirne una di cui s’è discusso apertamente.
Gentile cittadino di Maio, il mio grido è più alto del suo: lei vede che piovono da ogni dove provvedimenti accroccati, con coperture dubbie o insistenti. Non è che lasciato da solo il Parlamento ha dimostrato di far meglio quelle tre leggi l’anno che l’Europa ci obbliga a fare. I presidenti di Commissione favoriscono gli emendamenti che gli piacciono, i gruppi fanno spesso da passacarte. La presenza del Governo in aula, nonostante tutta l’attività sia di origine governativa è scarsa o concertata sulla base dei provvedimenti che interessa seguire. Se un provvedimento interessa i commercialisti (invento naturalmente nda) ci va un Sottosegretario che si occupa o ha rappresentato i commercialisti. Quale diligenza? Parlamento e governo sono spesso autobus fermi dallo sfasciacarrozze.
Lo tsunami che ha visto assemblare decine provvedimenti (non più Omnibus ma Frankenstein) fa finalmente dire a qualche deputato: fermiamoci. Altrimenti ci vorrà l’esercito per spalare i decreti attuativi. Il segretario del PD ha detto anche che non si fanno le leggi per aprire un dibattito. Magari. Se tutti prendessero un impegno del genere Lei vedrebbe diminuire le pretese. Una sola considerazione politica: per dimezzare il lobbismo improprio, clientelare e relazionale potreste con un colpo eliminare il Senato e il fenomeno sarebbe almeno circoscritto ad una sola lettura e ad una sola camera. La scelta di concentrarsi su poche questioni poi, se mantenuta, sarebbe una sana dieta depurativa e per chi fa il nostro mestiere, che è ormai di consulenza politica, sarebbe un bel salto di qualità. Il tutto andrebbe accompagnato da una vegana sottrazione di “ciccia” (funzioni e risorse) allo Stato. Noi faremmo i consulenti politici e non i peripatetici nei corridoi.
Mi scusi la franchezza cittadino Vice Presidente: date meno diligenze da assaltare, cioè meno incentivi, meno gestione di cose improprie, meno intromissioni dello Stato e ci sarà meno da influenzare anche legittimamente. Rendete invece possibile una collaborazione trasparente con i privati sulle tante cose che si possono fare. Spenderete meno per fare di più. Per me potreste dunque eliminare i permessi di sosta selettivi, equivoci e spesso inutili, davanti alle commissioni. A patto che veniate voi a parlare, dove vi pare, con le aziende, i professionisti, le associazioni, i cittadini. On line, offline mettendoci la faccia e anche in diretta streaming, che la società ha molto da dire e qualcosa da insegnare.
Atti immediati? Un registro dei visitatori/lobbisti è un atto amministrativo. Perché non lo fate? Perché non fate applicare anche la norma che prevede un’analisi di impatto regolatorio e l’obbligo di consultazione degli stakeholders?
La saluto rispettosamente
Massimo Micucci
PS: tutti noi lobbisti, più o meno cattivi abbiamo davanti calendari, alert, analisi, profili, iter dei provvedimenti, comparazioni internazionali, pro e contro. Siamo ormai analisti politico-economici e di comunicazione che conoscono il processo di decison making. Fatevi dare una mano. Alla luce del sole.
(da Frontpage)