Caso arsenico: solo l’acqua pubblica è garanzia di salute

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L’acqua che bevi non è potabile da un decennio ma nessuno alza un dito per depurarla?
Le società di gestione delle acque intascano centinaia di milioni di euro in previsione del fatto che faranno lavori di manutenzione e adeguamento delle strutture idriche che non eseguiranno mai?
In Italia si può. Anzi, in Italia si fa così.
E per denunciare questo malaffare e per spingere la politica a fare quello che dovrebbe essere il suo dovere, la tutela della salute dei cittadini, che abbiamo presentato un’interpellanza urgente al Governo.
Perché non è normale né accettabile che nelle acque “potabili” di un centinaio di comuni (quasi tutti del Lazio) ci sia una concentrazione di arsenico da 3 a 5 volte superiore al limite di consentito di 10 mg/l. In verità a superare lo sbarramento permesso dalla legge sono anche altri elementi che, anche solo a nominarli, fanno accapponare la pelle: piombo, vanadio, cromo VI.
Sono nove anni che la Ue concede al nostro Paese deroghe su questi limiti di potabilità sforati. In pratica, l’Europa ha dato la possibilità all’Italia di spacciare per potabile acqua che non lo era, aspettandosi però che lo Stato e gli enti gestori adeguassero le infrastrutture idriche per rientrare all’interno dei limiti stabiliti. Alcuni hanno adempiuto agli obblighi, ma la maggioranza è rimasta fuorilegge.
Finite le proroghe della Ue, dal 1 gennaio 2013 le acque di quel centinaio di comuni sono ufficialmente non potabili. La conseguenza è che adesso l’Italia rischia concretamente di subire un procedimento di infrazione europea. Tradotto, altri soldi ingiustamente chiesti ai cittadini per omissioni che hanno un responsabile: le società di gestione delle acque, dentro le quali si sprecano gli interessi dei partiti e dei loro amichetti imprenditori.
Parlando di questo problema, il nuovo sottosegretario all’Ambiente, Silvia Velo, è partita come peggio poteva fare, dal momento che ha dichiarato: “in merito alla contaminazione delle acque potabili (…) la maggior parte delle contaminazioni sono di origini naturali”. Come se questa potesse essere una giustificazione.
Sì, è vero: la concentrazione di arsenico nelle falde è principalmente dovuta alle caratteristiche vulcaniche dei terreni. Così come è vero che gli enti gestori hanno il dovere di adeguare le infrastrutture idriche per abbassare quelle concentrazioni.
L’altro scandalo che abbiamo evidenziato riguarda, di nuovo, le società di gestione delle acque – Spa a capitale pubblico, misto o privato – che si mettono in tasca un 7% di profitto garantito sugli investimenti previsti sulle infrastrutture idriche. Poi, che quei lavori vengano effettuati davvero, non è affatto scontato. Peccato che il Referendum sull’acqua del 2011 ha sancito che sull’acqua non si possa fare profitto.
Quello che noi chiediamo è che, semplicemente, venga rispettata la legge. L’acqua è e deve essere gestita da società di diritto pubblico, i cittadini sul territorio devono poter partecipare ai processi decisionali, anche per impedire che la loro salute venga messa in pericolo.