Roberto Mancini è morto

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Roberto Mancini è morto. Il poliziotto che ha scoperto la Terra dei Fuochi è stato ucciso dallo stesso male che ha cercato di combattere. Il primo pensiero va alla famiglia a cui ci stringiamo silenziosamente in un momento di dolore che non trova parole per esprimersi.
Il secondo pensiero è che pagheranno tutti i colpevoli, ed è una promessa. In questi giorni il Movimento 5 Stelle aveva chiesto ancora una volta un adeguato risarcimento, dovuto, per Mancini. Il cancro che lo ha ucciso è diretta conseguenza del suo lavoro d’inchiesta, sia per Polizia di Stato che per la Commissione d’Inchiesta sul ciclo dei rifiuti.
Qualcuno ha pagato? Solo 5000 euro da parte del Ministero dell’Interno, dal Parlamento zero euro. E’ una questione di soldi? No, di dignità dello Stato, che sta vicino ai suoi servitori e non li abbandona mai.
Invece Roberto Mancini è morto nell’abbandono dello Stato a cui aveva giurato fedeltà. La promessa di una fedeltà mantenuta fino in fondo, ma non reciproca.
Qualcuno, e noi sappiamo i nomi, ha le mani sporche di sangue. Non è il momento di essere gentili, diplomatici, ipocriti. Come per i rifiuti, il problema è stato coperto per poi trovarci davanti ad un disastro ambientale senza paragoni in Europa. Ecco, in questi giorni i rappresentanti delle Istituzioni, preposte a dare il giusto riconoscimento e risarcimento a Mancini hanno tergiversato, rimandato, chiacchierato. Ora basta. Questi sono omicidi di Stato, e che nessuno si azzardi ad alzare polveroni che confondono i cittadini.
Roberto Mancini nel 1996 aveva scoperto tutto sulla Terra dei Fuochi, ben 300 pagine d’indagine. Finite dove? In un cassetto chiuso a chiave. Oggi non permetteremo più questi giochetti di politica affaristica che si arricchisce anche sulla monnezza e sulla pelle dei veri servitori dello Stato.
Il Movimento chiede e pretende i Funerali di Stato per il poliziotto, quale dovuto omaggio e saluto ad uno dei migliori investigatori dei recenti anni. La sua lotta non finisce qui però, la porteremo avanti, perché la monnezza non siede solo in strada.
(photo copyright Mauro Pagnano)