La Scozia al voto: sull’indipendenza decidono i cittadini!

Referendum-scozia.jpg
LA SCOZIA AL REFERENDUM
“Pro Libertate!” era il motto del clan Wallace e vero o no sembrerebbe che il film Braveheart di Mel Gibson – che romanza la storia del patriota ed eroe nazionale scozzese William Wallace – abbia avuto un ruolo chiave nel risveglio della coscienza nazionale scozzese. Oggi (Giovedi 18 settembre) dopo circa 700 anni da quelle battaglie e 300 anni dopo l’ingresso nell’Unione, la Scozia andrà alle urne per decretare l’uscita dal Regno Unito e i sondaggi oscillano tra la prevalenza del sì e del no, con l’incognita del voto espresso dagli indecisi.
In realtà la contesa tra le fazioni favorevole e contraria è molto accesa, e in maniera evocativa si può sostenere come si tratti di una campagna elettorale in tutti i sensi. I campi di stoppie scozzesi sono disseminati in questi giorni di cartelli “YES, SCOTLAND” oppure “NO, THANKS”. E viene da pensare come avrebbe potuto immortalarle oggi Stanley Kubrick in una versione moderna del meraviglioso Barry Lyndon.
GLI INDIPENDENTISTI E IL FRONTE DEL YES, SCOTLAND
Il fronte del SI sostiene che una Scozia indipendente dovrebbe mantenere con l’Unione Europea la stessa relazione che ha oggi il Regno Unito: partecipazione piena con alcune limitazioni. Nessun obbligo di adottare l’euro; nessuna partecipazione all’accordo di Schengen sulla abolizione dei controlli alle persone alle frontiere. La campagna YES SCOTLAND è a favore di un formale accordo monetario con il Regno Unito, che mantenga l’uso della sterlina.
Non vi è alcun precedente di secessione di un Paese Membro della Unione Europea. I sostenitori dell’indipendenza sostengono che la Scozia possa divenire Membro UE sulla base dell’art. 48 del Trattato UE (emendamento al Trattato). Gli oppositori, il fronte del NO THANKS affermano invece che ciò sarebbe impossibile e che una Scozia indipendente dovrebbe inoltrare domanda di ammissione ai sensi dell’art. 49 del Trattato con necessità della successiva ratificazione di ogni Stato membro.
La ratifica degli stati membri è un aspetto particolarmente rilevante e vi potrebbero essere forti opposizioni di alcuni Stati prima fra tutte la Spagna, riguardo ai timori di secessione di Catalogna e Paesi Baschi. Ma in realtà potrebbe determinarsi un effetto domino, con richieste di indipendenza in molti stati membri. Anche in Italia. Non solo al Nord!
Le ricerche pubblicate da alcuni analisti, tuttavia, giudicano improbabile che una Scozia indipendente possa essere tagliata fuori dai diritti e dagli obblighi della condizione di socio della Unione Europea, anche solo per un periodo di tempo, e questo anche se formalmente non sia un Paese Membro alla data della sua eventuale indipendenza.
I sondaggi indicano a tutt’oggi una sostanziale parità tra i sostenitori del SI e del NO, evidenziando peraltro una serie di previsioni contrastanti tra i vari istituti di sondaggio. Questo aspetto mette in luce un possibile scenario cioè quello che si arrivi davvero sul filo di lana arrivando a pesare ogni singolo voto. Forse sarebbe opportuno chiedere che le operazioni elettorali vengano monitorate da ispettori internazionali. Non sarebbe un caso isolato anche nel cosiddetto “occidente”.
Se l’esito del referendum dovesse vedere una vittoria del fronte Yes Scotland allora l’indipendenza verrebbe proclamata nel marzo 2016 e dopo due mesi si terrebbero le prime elezioni scozzesi, indipendenti dal Regno Unito.
Ma nel frattempo e fino ad un eventuale referendum la regina sarebbe ancora la terza regina di Scozia. E in mezzo a questo, storie di passaporti, confini più meno aperti, moneta sovrana, sistema sanitario nazionale e welfare in generale, e sopratutto uno spettro: l”Europa.
Quindi ancora nuovi referendum. Quelli almeno su Lisbona, MES e Fiscal Compact che attenderebbero democraticamente la Scozia indipendente. Un percorso democratico ma non senza incertezze politiche ed economiche.
UN PROBLEMA DI RISORSE
Qui la questione non è affatto banale e tira in ballo dinamiche davvero enormi e complicate rispetto a quella che potrebbe essere ridotta ad una semplice questione campanilistica.
Nel febbraio 2014 il Financial Times ha notato come il PIL scozzese procapite sia maggiore ad esempio di quello della Francia, se si considera la ripartizione geografica di petrolio e gas, e addirittura maggiore di quello dell’Italia anche ove non si considerino tali ricchezze energetiche. Una realtà economica di tutto rispetto.
Se però scorporiamo questi dati viene da chiedersi: che fine faranno i giacimenti petroliferi e gli arsenali militari del Regno Unito se la Scozia proclamasse la sua indipendenza? Nel primo caso il dato è che circa il 90% del petrolio del mare del Nord del Regno Unito è estratto in acque territoriali scozzesi. E questo pone già un grande interrogativo. Come verranno ripartite tali risorse?
Anche delicato è il tema relativo alla difesa. Quale sarà il processo che porterà alla suddivisione degli asset military? Navi, aerei, armi… non è un problema da poco. Considerando poi che non tutti i militari in carriera scozzesi vorranno perdere i benefici che il Regno Unito garantisce alle forze armate dell’Unione.
Il Partito Nazionale Scozzese si dichiara attualmente a favore della partecipazione alla NATO, ma contrario al mantenimento delle basi militari nucleari perché il Trident nuclear missile system britannico è posizionato presso le basi di Coulport e Faslane in Scozia. Questa scelta ha suscitato critiche da parte del Segretario Generale della NATO, il quale ha sottolineato come tale posizione sia contraddittoria.
L’ESTABLISHMENT E IL FRONTE DEL NO THANKS
Sul fronte del NO THANKS si sono mossi tutti i politici britannici e la Regina stessa dimora da giorni nella sua residenza scozzese. Tutti a dimostrare che in realtà il Regno è più unito di quanto sembri.
Ma non senza contraddizioni. Perché nel gennaio 2013 il primo ministro inglese David Cameron, ha impegnato il Partito Conservatore, in caso di vittoria delle elezioni del 2015, ad indire un referendum, nel 2017, sulla partecipazione del Regno Unito alla Unione Europea. Riservandosi dunque un principio di autodeterminazione che ora sembrerebbe negare. Notizia di queste ore invece la concessione scritta nero su bianco di una maggiore autonomia all’interno dell’Unione. tardiva per alcuni, una vittoria per altri.
Per quanto attiene invece ai rapporti con la monarchia, il partito nazionale scozzese è a favore del mantenimento della monarchia, attraverso una Unione Personale con il resto del Regno Unito. Cioè una relazione di due o più entità, considerate stati sovrani separati ma che, attraverso una legge, condividono la stessa persona come Capo di stato di tutte le nazioni.
Questa ipotesi è differente da quella riportata dalla stampa italiana, che individuerebbe per la Scozia indipendente uno status di membro del Commonwealth. Del resto vi è una solida tradizione indipendentista anche monarchica della Scozia, essendo stata sede di Regno Sovrano. Vi è tuttora una prassi secondo la quale la Regina Elisabetta II, ogni volta che si reca in Scozia, lo faccia con il benestare del Duca scozzese di Hamilton.
L’ITER CHE HA PORTATO AL REFERENDUM
Vediamo adesso invece qualche dettaglio su questo referendum scozzese e sulle campagne in atto.
A cavallo degli anni 2000 e per due legislature lo Scottish National Party SNP, il partito nazionale scozzese è stato all’opposizione. Nel 2007 è divenuto il primo partito della Scozia, e nel 2011 ha formato un governo di maggioranza, riportando più seggi di laburisti e conservatori messi insieme. Lo Scottish National Party ha poi ottenuto anche due seggi al parlamento europeo e sei seggi nel parlamento britannico. L’indipendenza è uno dei punti fondamentali del programma elettorale del SNP e al suo interno vi sono due fazioni. Una detta dei “gradualisti” e un’altra detta dei “fondamentalisti”, entrambi divisi dal metodo proposto per raggiungere l’indipendenza della Scozia.
Nel 2013 il governo scozzese ha pubblicato il libro bianco: Il futuro della Scozia, un documento di 670 pagine, che sottolineava aspetti e mezzi attraverso i quali la Scozia sarebbe potuta divenire un Paese indipendente. Nello stesso anno, il governo scozzese presieduto dal premier Alex Salmond, annunciava il referendum sull’indipendenza, indetto per il 18 settembre 2014. Data coincidente con il settecentesimo anniversario della battaglia di Bannockburn del 1314, che vide la vittoria scozzese nella prima guerra di indipendenza contro gli inglesi. Sarà un caso?
IL METODO
Il quesito posto agli elettori che saranno tutti i residenti, scozzesi e non, a partire dai sedici anni di età sarà il seguente: “La Scozia dovrebbe essere un Paese indipendente?”. Il testo è semplice, chiaro e accessibile a tutta la popolazione. Si tratta di un referendum “propositivo” a tutti gli effetti e, indipendentemente dal risultato, è possibile sostenere che costituisca un importantissimo esempio di democrazia diretta.
In Italia la formulazione dei quesiti referendari li rende spesso incomprensibili a tutti i cittadini. E quindi potenzialmente antidemocratici. A uno scozzese si sarebbe chiesto: Vuoi che l’acqua, bene comune, sia pubblica? In Italia invece nel 2001 l’elettore trovava sulla scheda elettorale la seguente domanda:
“Volete voi che sia abrogato l’art. 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall’art. 30, comma 26, della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante «Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», e dall’art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante «Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea», convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, nel testo risultante a seguito della sentenza n. 325 del 2010 della Corte costituzionale?”.
I REFERENDUM PER L’AUTODETERMINAZIONE
Trattati Europei molti importanti per le Politiche degli Stati membri, e indirettamente per la nostra stessa vita quotidiana, sono passati nel Parlamento Italiano in maniera silenziosa, e senza una reale partecipazione democratica: il Trattato Fiscal Compact del 2012, detto anche Patto di bilancio europeo, che contiene le “regole d’oro”, vincolanti nell’UE per il principio dell’equilibrio di bilanci degli Stati; il Trattato MES – Meccanismo europeo di stabilità del 2011, detto anche Fondo salva-Stati, istituito dalle modifiche al Trattato di Lisbona, e nato come fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della zona euro; ma anche lo stesso Trattato di Lisbona del 2007 che ha apportato ampie modifiche ai Trattati istitutivi della Unione Europea, e che fu redatto per sostituire la Costituzione europea che fu però bocciata dal NO ricevuto nei referendum francese e olandese del 2005). Senza parlare poi del referendum costituzionale del 2006 nel quale gli italiani bocciarono il monocameralismo e il premierato forte! Ma questa è un’altra storia.
Quindi con argomenti ben differenti, i paesi oltre manica, e altri Stati Europei, ci dimostrano come parlare, discutere e anche dubitare di determinati processi è un dovere politico oltre che morale.
CONCLUSIONE
Troppo spesso abbiamo dato per scontato che la nostra appartenenza alla UE significasse un’automatica accettazione di trattati e protocolli. Mentre invece, come in Scozia in questi giorni, una via di mediazione o comunque di dibattito aperto e democratico è sempre possibile.
Il Movimento 5 Stelle segue con attenzione gli sviluppi della vicenda scozzese, vicenda che in ogni caso dimostra come informare i cittadini e poi discutere di temi che riguardano il popolo e la sua autodeterminazione sia di fondamentale importanza per poter tornare a parlare veramente di democrazia. Nell’uno o nell’altro caso la scelta sarà degli scozzesi. E così deve essere.
Stefano Lucidi – Capogruppo M5S commissione Affari Esteri Senato