Juncker: il rilancio della Ue affidato all’amico degli evasori

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Hai capito il Lussemburgo? Hai capito i favori fiscali e gli amorevoli servizi finanziari alle multinazionali che frodano il fisco? E pensare che proprio ieri, da noi in Commissione Finanze, Guardia di Finanza, Agenzia delle Entrate e Ministero dell’Economia hanno confermato la loro determinazione nella lotta contro l’evasione.
Peccato che l’ex primo ministro del Lussemburgo, in carica per quasi 20 anni, l’uomo che ha avallato i comportamenti da paradiso fiscale del Granducato sia oggi il capo della Commissione Ue, ossia del governo europeo.
Dopo la crisi i Paesi si sono indebitati per salvare le banche massacrate dai derivati. I debiti pubblici sono saliti e i cittadini ne hanno pagato le conseguenze. Intanto, però, le multinazionali continuavano a fare i loro comodi sotto l’ala affettuosa di Paesi come il Lussemburgo.
E ora come la mettiamo? Con quale credibilità si affida il rilancio dell’Ue a chi ha per 18 anni favorito la grande evasione internazionale?
Secondo il M5S c’è bisogno di qualcosa in più, c’è bisogno di cambiare marcia, di fare qualcosa in più contro le frodi internazionali. E’ necessario strutturare gli organici delle diverse istituzioni dedite alle indagini sulle architetture societarie internazionali create al solo scopo di eludere ed evadere il fisco. E’ necessario avere più personale specializzato e portare a casa più risultati, non riporre troppa fiducia negli accordi internazionali, per esempio quelli finalizzati a evitare le doppie imposizioni, spesso usati in modo ingegnoso e subdolo per pagare poco o non pagare nulla sui dividendi elargiti.
E che dire del caso Gesconet che si porta dietro 1,7 miliardi di evasione e coinvolge committenti istituzionali del consorzio di cooperative, Montecitorio in testa?
Juncker, designato presidente della Commissione Ue per volere della Merkel, oggi protesta e dice di non essere a capo di “una banda di burocrati”. Forse è molto peggio secondo ‘Luxleaks’, la storia dirà. E vedremo come reagirà adesso di fronte alle accuse di aver presieduto per 18 anni uno ‘Stato canaglia’ nel cuore dell’Europa, quel Lussemburgo protettorato di evasori e riciclatori che ha attirato oltre 2.100 miliardi di euro di capitali esteri custoditi in oltre 140 istituti bancari. Capitali non solo delle multinazionali, con il collaudato meccanismo denominato ‘tax ruling’.
Il paradiso può attendere? Forse, ma quello fiscale no, va smantellato quanto prima. E l’Europa deve affidarsi a mani diverse se non vuole fare una brutta fine.