L’Italia di Renzi impiccata all’albero dell’euro

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Il debito pubblico dell’Italia, dentro l’euro, è diventato insostenibile. È solo questione di tempo perché una nuova crisi degli spread trascini l’eurozona e l’Europa nell’epicentro di un enorme terremoto economico. Lo conferma l’agenzia di rating Standard & Poor’s che declassa di nuovo i nostri titoli di Stato a lungo termine un gradino sopra al livello “spazzatura” (BBB-).
Senza bisogno di santificare le agenzie finanziarie in palese conflitto di interessi, i motivi del declassamento sono fondati. Il Pil, infatti, continua a decrescere per i soliti motivi: la disoccupazione è alle stelle, la domanda di beni e servizi è crollata e le aziende, per questo, non fanno utili e sono costrette ad infliggere al Paese nuova disoccupazione. Un circolo vizioso che ci sta distruggendo. In queste condizioni il rapporto debito/Pil, molto più importante del valore assoluto del debito pubblico, continua a peggiorare perché il denominatore cresce meno del numeratore, quando non cala.
Se peggiorano tutti i parametri dell’economia reale, il prendere tempo della Bce non può durare ancora a lungo e presto i mercati chiederanno un aumento dei tassi di interesse per poi fuggire disordinatamente dal debito dei Paesi più in crisi. Una catastrofe, l’ennesima in pochi anni, che di nuovo saranno i cittadini a pagare più duramente. Tutto questo perché Governi europei guidati dagli interessi della grande industria e della grande finanza, tedesca in primis, portano avanti politiche che aggravano la crisi tagliando redditi, pensioni, Stato sociale, democrazia.
In Italia, il terzo governo del Presidente Napolitano esegue fedelmente il dettato della Merkel e del vassallo Junker, votato dal Pd europeo dopo che per l’intera campagna elettorale Matteo Renzi aveva promesso una lotta serrata all’austerità e ai vincoli di bilancio. Niente di tutto ciò si è visto: solo tagli ai servizi locali e precarizzazione del lavoro a colpi di fiducia, mentre il semestre europeo a presidenza italiana non ha portato a nulla. Renzi ha comprato gli italiani con 80 euro per gettarli nella miseria più nera.
La crisi dell’euro è irreversibile. Come dicono da anni illustri economisti italiani e non, l’euro è un progetto destinato al fallimento sin dalla nascita perché non tiene conto delle diversità dei Paesi aderenti ed è disegnato su misura per i più forti, Germania in testa. L’Unione monetaria crollerà. È un dato di fatto, e per questo una seria forza politica non solo deve essere preparata ad uscire, organizzando un piano B, ma ha il dovere morale di condurre i cittadini in un percorso di informazione e consapevolezza. Meno panico significa più democrazia. Per questo il M5S si è posto come obiettivo primario il referendum di indirizzo sull’euro, contando sulla raccolta firme nazionale per coagulare interesse verso un tema così importante e per costringere giornali e televisioni a parlare del problema euro con razionalità.
Il Paese sta soffocando impiccato all’albero dell’euro e dei vincoli europei. Gli interessi del popolo italiano vanno in un’altra direzione. Fuori dall’euro l’Italia 5 stelle potrà diventare una realtà, sfuggendo al ricatto dei mercati, del debito pubblico (di nuovo sotto il controllo della nostra Banca d’Italia) e della schiavitù sul posto di lavoro, per chi ancora ce l’ha.