Jobs Act: una riforma alla spagnola imposta dalla Germania

precario.jpg Per farla sembrare qualcosa di moderno e innovativo, il governo ha dato alla sua riforma del lavoro un nome inglese. Ma il Jobs Act è tutto tranne che qualcosa di nuovo: è infatti un testo conservatore, già adottato in questi ultimi anni da altri Paesi Europei.
Renzi si è poi vantato di aver introdotto un sistema di lavoro come quello tedesco. Effettivamente la Germania c’entra perché sono state proprio la Merkel e l’Europa ad imporre questa riforma.
La verità è che il Jobs Act italiano è una copia della riforma del lavoro fatta dalla Spagna sin dal 2012. La legge 3/2012 del 6 luglio e la legge 11/2013 del 2 agosto, infatti, hanno introdotto nell’ordinamento spagnolo importanti cambiamenti che ora, a distanza di 2 anni, si sono dimostrati del tutto insufficienti. I risultati sono l’impoverimento della popolazione e l’aumento della precarietà.
Come il Jobs Act, la riforma spagnola ha introdotto il nuovo “contratto a tempo indeterminato di appoggio agli imprenditori”, cioè l’equivalente dell’annunciato contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti del Governo Renzi. Peccato che ad oggi in Spagna la percentuale di lavoratori assunti a tempo indeterminato continui ad essere bassissima, intorno all’8%.
Facile capire il perchè: le riforme spagnole hanno favorito l’abbassamento dei salari e quindi hanno prodotto sul medio periodo un abbassamento dei costi delle merci spagnole rispetto a quelle degli altri Paesi europei. Sono aumentate così le esportazioni e alla domanda interna si è sostituita quella estera. La lieve e momentanea diminuzione della disoccupazione è stata quindi ottenuta al prezzo di una minore tutela del lavoro, salari più bassi, sempre meno diritti e maggiore migrazione all’estero.
Dal 2012 all’aprile del 2013 la disoccupazione spagnola ha continuato ad aumentare fino al picco del 26,2%. E’ aumentato il lavoro di bassa qualità e il numero di precari, tra cui vengono ridistribuite le ore lavorative. In sostanza, dove prima c’era un lavoratore a tempo indeterminato che per 8 ore di lavoro al giorno guadagnava 1.000 euro mensili, ora ci sono 2 lavoratori assunti a tempo determinato che ne guadagnano 500 euro. Il risultato è che la disoccupazione diminuisce virtualmente, ma i lavoratori di fatto sono più precari e ancora più poveri.
La riforma spagnola ha previsto anche la legittimazione del demansionamento e ha reso i licenziamenti (siano individuali che collettivi) più semplici ed economici per il datore di lavoro che può così liberarsi del lavoratore in qualsiasi ipotesi, corrispondendogli un semplice indennizzo. Esattamente come vuole il Governo Renzi.