Il decreto SalvaIlva non salva Taranto

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SalvaIlva di nome e di fatto: per Taranto non c’è nulla nel decreto del governo.
Nulla per la bonifica ambientale, nulla per l’emergenza sanitaria. Nessuna traccia nemmeno dei 30 milioni promessi con le lacrime agli occhi la notte del 24 dicembre, da Renzi/Babbo Natale, ai bambini del polo ospedaliero. Anzi no, una traccia c’è: con 500 mila euro si “bonificheranno” le aiuole di un parco giochi, 30 cm di terra pulita per lavarsi la coscienza. Tutto il resto è sparito.
E i 3 supercommissari sono ora talmente super che gli è stata concessa “licenza di uccidere” come James Bond. Stiamo esagerando? Per niente: godranno infatti di un’immunità eccezionale, forse senza precedenti in Italia. Saranno insindacabili e impunibili per le azioni commesse, per colpa o per dolo, durante l’esercizio del mandato. Significa che se commetteranno reati, per sbaglio o persino volontariamente, non potranno essere processati o puniti. Nemmeno il Papa arriva a tanto.
L’Ilva però viene salvata, e con il solito sistemino del socializzare le perdite. Lo Stato si accolla i suoi debiti attraverso il Fondo per le PMI che stavolta, anziché salvare aziende che hanno un futuro, viene dirottato a saldare le cambiali dell’Ilva con le imprese dell’indotto. Tutti contenti, tanto sono soldi pubblici.
Insomma, l’Ilva viene ancora tenuta in vita col respiratore artificiale, l’ossigeno dello Stato, negando al contempo a Taranto la possibilità di respirare aria pulita. D’altronde, a Taranto, mica tutti si chiamano Riva.



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