Pompei, è ora che sia il malaffare a crollare

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Non bastavano i crolli che si ripetono a ogni pioggia abbondante, l’incuria, e il menefreghismo di una serie di governi che hanno trattato Pompei come un sito archeologico di second’ordine. Non bastava: oggi scopriamo che sono stati sequestrati beni per quasi 6 milioni di euro all’ex commissario delegato per l’emergenza degli scavi archeologici di Pompei, Marcello Fiori, e che l’inchiesta della Procura Regionale della Corte dei Conti per la Campania chiama in causa anche 9 dirigenti del Mibact. Ci mancava il malaffare, appunto.
Fiori, incaricato dall’allora ministro della Cultura Bondi (Governo Berlusconi) di occuparsi del sito archeologico, è oggi al centro dell’attività investigativa per i costi, ritenuti esorbitanti, per i lavori realizzati nel 2010 per la fornitura di attrezzature per spettacolo e per l’allestimento scenico del Teatro Grande di Pompei.
Le forniture sono state affidate ad una società oggi messa anch’essa sotto inchiesta, e le assunzioni, invece di procedere per concorso, passate per un’agenzia interinale. Un giro di affari di cui beneficiavano tanti “amici”.
Il M5S, per prima cosa, ha chiesto al ministro Franceschini di sospendere dai loro incarichi i dirigenti del Mibact indagati: lo consideriamo un provvedimento di trasparenza e legalità dovuto.
Inoltre ieri in Commissione Cultura abbiamo ascoltato in audizione il Direttore Generale del Grande Progetto Pompei, il Generale Giovanni Nistri, il quale ha chiaramente fatto capire che senza le risorse umane promesse dal governo e dal ministero dei Beni Culturali (cinque esperti in affiancamento alla Direzione Generale, il vice direttore generale e 10 risorse umane di supporto al progetto), la “macchina” del sito archeologico non può funzionare a pieno regime. Tra le conseguenze c’è il rallentamento nell’avvio dei lavori promessi in pompa magna dal governo lo scorso anno.
Cosa si aspetta a far funzionare il Progetto Pompei? Cosa si aspetta a nominare seri esperti super partes, che potrebbero finalmente dare impulso alla ripresa del sito archeologico più importante del Paese? A crollare non devono più essere i muri di Pompei, ma il sistema di politica e affari che strozza anche il rilancio della nostra cultura.