Occupazione: il Governo si fa bello col petrolio

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Economisti indipendenti e analisti lo ripetono ormai da mesi: le fortunate condizioni internazionali stanno regalando all’Italia una boccata d’ossigeno, che nulla deve alle pessime riforme del Governo. Per rinfrescare la memoria, si ricorda che il prezzo del petrolio è diminuito da più di 100 dollari al barile a meno di 50 dal settembre 2014 al marzo 2015, che l’euro si è svalutato rispetto al dollaro del 25% circa negli ultimi 9 mesi e che l’avvio del Quantitative Easing europeo ha abbassato il livello dei tassi di interesse. Tre circostanze di cui l’Italia ha potuto beneficiare senza alcuna fatica, e che hanno permesso qualche leggero miglioramento riguardo all’occupazione e alla disoccupazione, nonostante i tagli agli enti locali, l’assenza di investimenti e il malgoverno. Questa è l’unica spiegazione rigorosa per i dati che ieri ha diffuso l’Istat, e che vedono scendere il tasso di disoccupazione dal 12,6% al 12,4% e salire il tasso di occupazione dal 55,7% al 56,1% tra marzo e aprile.
A confermare la natura passeggera di questi miglioramenti è l’Ocse, che mentre conferma per il 2015 una modestissima crescita del +0,6% (tutta da verificare), assicura che la disoccupazione a fine anno risalirà al 12,7%.
Il Presidente del Consiglio non manca ovviamente di prendersi meriti che non ha e da twitter rivendica i dati positivi e la bontà del Jobs Act. Strano, soprattutto se si legge il Documento di Economia e Finanza 2015 che il suo Governo ha scritto e approvato. Nel Def, infatti, compare questa illuminante tabella:
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Come si vede, il contributo alla crescita del Pil dei fattori esterni alla nostra economia è stimato in un +0,6% per l’intero 2015, la stessa percentuale sull’aumento del Pil diffusa dall’Ocse. Il Governo stesso, quindi, sa benissimo che se qualcosa di buono rimarrà nel 2015 sarà merito del petrolio, dell’euro debole e del Quantitative Easing, e non delle riforme recessive e inique che sta portando avanti sotto la dettatura dei burocrati europei.
Le notizie positive, infatti, finiscono qui. Un’analisi più raffinata dei dati Istat porta a conclusioni molto preoccupanti sui mesi a venire. Come nota l’economista Mario Seminerio, il mercato del lavoro è fragilissimo e i sintomi negativi si moltiplicano. Due dati su tutti: aumentano i part-time involontari (dal 62,7% sul totale dei part-time del primo trimestre 2014 al 64,1% del primo trimestre 2015), e gran parte della crescita dell’occupazione nei primi mesi 2015 ha riguardato gli over 55 (+267.000 occupati), costretti dall’innalzamento dell’età pensionabile a rientrare nel mercato del lavoro.
Ci sono leggi economiche che le menzogne quotidiane non possono cambiare: se il Pil è fermo, dopo anni di calo, l’occupazione non può salire. La risalita del prezzo del petrolio, già iniziata a maggio, renderà chiaro a tutti che questo Governo ha speculato sui disoccupati cavalcando un’onda anomala. Dopo di essa, di nuovo l’inferno.