Il vero nemico del Governo: la Costituzione del 1948

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La sentenza della Corte Costituzionale sul blocco dei contratti della pubblica amministrazione è riuscita a dichiarare illegittimo il provvedimento del Governo Berlusconi e le proroghe dei governi successivi, e allo stesso tempo evitare che il Governo in carica restituisca il maltolto a 3,3 milioni di dipendenti pubblici. L’adeguamento dei contratti al costo della vita, infatti, è stato dichiarato non retroattivo.
È difficile prendersela con la Corte, perché il suo operato – messo sempre più sotto pressione dal Governo e dall’Avvocatura dello Stato – deve rispondere al dettato costituzionale, e dal 2012 nella Costituzione c’è anche l’art.81 riformato da Monti con il sostegno di tutti i partiti di maggioranza (Pd in testa). È il cosiddetto pareggio di bilancio, che per come è interpretato dalle istituzioni europee e dai Governi che ne sono espressione diventa un soffocante cappio al collo. Di fatto è vietato aumentare il sostegno dello Stato all’economia anche in situazioni di altissima disoccupazione e di chiare violazioni dei diritti costituzionali dei cittadini, come nel caso delle pensioni e dei contratti pubblici.
La Corte, quindi, si vede costretta a presentare sentenze di compromesso, ambigue e contraddittorie. Il problema, naturalmente, è il Governo fedele all’Unione Europea a trazione neoliberista, che vede nello Stato e nelle Costituzioni nazionali ostacoli da eliminare di fatto, se non di diritto.
A conferma di questi rilievi c’è anche il disegno di legge appena presentato dai senatori del Pd Linda Lanzillotta e Paolo Guerrieri, il quale prevede la possibilità per la Corte costituzionale di “chiedere all’Ufficio parlamentare di bilancio una relazione sugli effetti finanziari dell’eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale”. Una possibilità che assomiglia molto ad un obbligo morale. Il tentativo della maggioranza, legislativo e mediatico, è di ingabbiare le prerogative dell’unico organo deputato alla tutela del dettato costituzionale insieme al Presidente della Repubblica, che non è più un ostacolo da almeno tre mandati.
Il diritto dell’Unione Europea, espresso dal nuovo art.81 sul pareggio di bilancio, sta sovrastando quello costituzionale, portando a compimento la più grave cessione di sovranità nazionale che si ricordi. In confronto, persino la perdita di sovranità monetaria impallidisce.
È urgente e irrinunciabile un ritorno ai valori della Costituzione repubblicana, da considerare limiti invalicabili da chicchessia, con un occhio di riguardo agli articoli riguardanti i “rapporti economici” (35-47).
Una delle armi più efficaci con le quali il Governo cerca di dividere il fronte dei cittadini e delle opposizioni è la retorica mediatica che istiga alla lotta tra poveri.
Prima si diceva che i pensionati, in fondo, sono quelli che meglio hanno retto alla crisi economica in quanto a redditi reali. Oggi si afferma che sarebbe ingiusto premiare (?) 3,3 milioni di dipendenti pubblici quando i dipendenti privati sono senza tutele. Ai tempi del Jobs Act, ancora, si accusavano i dipendenti privati di lungo corso di essere dei privilegiati rispetto ai neoassunti e quindi era giustificabile parificare le tutele (tagliandole a tutti col contratto a tutele crescenti). Non può mancare, in questo scenario di ricercata frammentazione sociale, il razzismo reale del centro-sinistra al Governo, che fa leva sull’assenza di una politica immigratoria e sull’effettiva invasione delle coste italiane per scatenare la furia dei cittadini esasperati nella direzione più comoda alla classe dirigente.
Mentre ce la prendiamo con l’immigrato, il dipendente pubblico, quello privato e il pensionato, l’Europa della finanza pugnala alle spalle la Costituzione antifascista, e con essa il nostro passato, presente e futuro.
L’arma del delitto si chiama articolo 81. Teniamolo bene a mente.