Cassa Depositi e Prestiti: cosa dobbiamo aspettarci?

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Negli ultimi tempi il Governo sta manovrando con insistenza intorno a Cassa Depositi e Prestiti. Prima le pressioni per far dimettere il Presidente in carica Franco Bassanini e sostituirlo con Claudio Costamagna, poi il tentativo di rimpiazzare anche l’Amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini, a favore di Fabio Gallia. Se Costamagna ha un lungo passato in Goldman Sachs, imponente banca di investimento americana, Gallia ricopre tuttora il ruolo di Amministratore delegato nella banca francese Bnp Paribas.
CDP, va ricordato, gestisce 230 miliardi di risparmi postali degli italiani, che in teoria dovrebbero essere convogliati in investimenti pubblici a beneficio della collettività. Dopo le nomine di due uomini navigati della finanza internazionale sarà ancora così?
Questa è una delle molte domande che si pone il M5S in un’interpellanza a prima firma Andrea Cioffi, indirizzata al Presidente del Consiglio e al Ministero dell’economia e delle Finanze.
In particolare si chiedono chiarimenti sulle indiscrezioni che vorrebbero il Governo pronto a modificare lo Statuto di CDP per consentire a Fabio Gallia, rinviato a giudizio in un processo riguardante i derivati, di essere effettivamente nominato. La “clausola etica” che impediva la nomina di rinviati a giudizio fu inserita dal ministro Saccomanni solo nel 2013.
Il commissariamento di fatto dei vertici di CDP potrebbe essere dovuto anche a vedute diverse fra Bassanini e il Governo sul piano di investimenti industriali. Sulla banda ultralarga, ad esempio, il Presidente del Consiglio si gioca gran parte della sua residua credibilità, ma sembra deciso ad affidarsi ai privati. Andrea Guerra, consulente del Governo ed ex collega di Costamagna in Luxottica, ha parlato invece della necessità di copiare il modello franco-tedesco, nel quale le rispettive Casse Depositi e Prestiti detengono quote di Orange-France Telecom e Deutsche Telecom. Ad una dirigenza orientata verso la banda ultralarga, il Governo ne preferirebbe una disposta ad investire in Telecom, decotta azienda privata. Se il 10% di Telecom vale 6 miliardi, non è meglio investire questi soldi per costruire un’infrastruttura pubblica della banda ultralarga invece che finanziare Telecom e dare ai privati la proprietà dell’unica vera grande opera di cui il Paese ha bisogno?
La terza opzione, non meno pericolosa, riguarda i crediti inesigibili delle banche italiane. Dietro il cambio dei vertici di CDP potrebbe nascondersi il desiderio di trasformare la società in una bad bank che “ripulisca” gli istituti di credito dalle sofferenze, attraverso i risparmi degli italiani.
Il M5S pretende chiarezza. In gioco non c’è solo un istituto storico, già depotenziato nel recente passato con la trasformazione in Società per Azioni, ma anche i soldi dei cittadini italiani.