Saipem come Volkswagen?

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Saipem è una società controllata da Eni, e quindi indirettamente da Cassa Depositi e Prestiti e Ministero dell’Economia e delle Finanze. Risponde quindi dell’interesse pubblico. Ha una flotta composta da 61 navi con un’età media intorno ai 30 anni, molte delle quali battenti bandiera di tre paradisi fiscali e legislativi: Bahamas (17 navi), Madera (6) e Panama (2). Le certificazioni navali sono rilasciate dai Registri navali, società private che garantiscono la sicurezza e l’affidabilità delle navi e, di conseguenza, anche il loro valore commerciale. Il problema è che le certificazioni dei Registri navali (i controllori) le paga l’armatore (il controllato): costano all’armatore milioni di euro, ma valgono cento volte tanto perché decidono il destino e l’attività di una nave e quindi, di riflesso, il valore delle azioni della società e il suo futuro. Due ex quadri aziendali Saipem, Giulio Melegari (responsabile del settore subacqueo) e Gianni Franzoni (coordinatore delle certificazioni navali), sono stati mandati a casa dopo una lettera interna inviata all’ad ex Enel e forse ex Eni. La loro colpa? Hanno informato Scaroni che in Saipem i sommozzatori non sono col “bollino blu” di garanzia (forse costano) e che loro non metterebbero la firma (e infatti non l’hanno messa) a garanzia della sicurezza di alcune navi certificate.
“In data 17 Novembre 2015, nell’audizione informale presso le commissioni riunite Attività produttive di Camera e Senato, alle domande del Senatore del M5S Vito Petrocelli se esiste un caso Volkswagen in Saipem, il CEO Stefano Cao ha risposto che lui ha verificato, ha valutato, ha ragionato e ha stabilito che non c’è alcun problema. Non ha mostrato documenti, né calcoli, non ha citato chi ha fatto e come sono state fatte le verifiche sugli asset offshore e se il controllato controlla e paga il controllore. Tutto basato sulla fiducia cieca. Non ci dicono nulla, il CEO di Saipem e il presidente Colombo, dello spessore e del gradiente degli acciai dei loro scafi, se hanno fatto una verifica ingegneristica per spostare le gru della S7000 su altro scafo adattando l’esistente per farne un Lay Vessel. Non ci mostrano il certificato di SPS della S7000 e in che anno è stato rilasciato o se esistono deroghe alle norme vigenti.
Non ci dicono come mai personale tecnico lavora su una nave mercantile; non spiegano come Saipem sceglie di demolire 5 scafi, ma non quelli simili o gemelli o più vetusti. Non ci parlano di stabilità e galleggiabilità, e neppure di Deck Load.
Tante cose non ha specificato il CEO di Saipem, ma solo che ci dobbiamo fidare di lui. Di quello che lui dice, come lo dicevano il predecessore Tali e i suoi direttori, che hanno creato un debito di 6 miliardi, un titolo precipitato in borsa da 39 euro a 7 euro, e un risanamento possibile solo con un prestito dello Stato dato impropriamente ad una società in perdita.
Dobbiamo fidarci della parola, senza ricevere spiegazioni se sia vero che il revisore dei conti di Saipem abbia ottenuto un compenso aggiuntivo di 800 milioni di euro senza che nessuno fiatasse, né il consiglio di amministrazione, né i sindaci, néi rappresentanti degli azionisti. CAO dice che ha vissuto 24 anni in Saipem, ma chi ha sollevato il caso era nell’offshore dal 1974 a Cork in Irlanda, 40 anni fa.
Ci dobbiamo fidare come ci siamo fidati degli amministratori di Cirio, Parmalat, Banco di Roma e MPS? In attesa delle risposte del CEO di Saipem con documenti, nomi, fatti circostanziati e riscontri il M5S continuerà a fare domande, a verificare e a chiedere risposte“.
Vito PetrocelliM5S Senato
Il discorso di Beppe Grillo all’assemblea degli azionisti Eni