La Basilicata a rischio, proteggiamo l’ambiente e la salute dei cittadini!

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A San Nicola di Melfi, in Basilicata, si bruciano 30 mila tonnellate annue di rifiuti urbani e 35 mila di rifiuti industriali tossici e nocivi. Il sospetto è che si violi la Direttiva europea in merito agli articoli, 12, 13, 17, 25, 26 e 244 della legge 152 del 2006. In particolare, l’art. 26, afferma un principio guida: “Il produttore e il detentore di rifiuti dovrebbero garantire un livello elevato di protezione dell’ambiente e della salute umana”. Ciò che, come dimostrano gli accadimenti, non è mai avvenuto nell’area intorno all’inceneritore.
Il senatore M5S Vito Petrocelli e il consigliere comunale M5S Giancarlo Gervasio, autore anche di un’azione dimostrativa che ha rilevato la presenza di diossina nel latte materno di una mamma in allattamento di Lavello, hanno pertanto presentato alla Commissione europea una circostanziata denuncia sui continui superamenti dei limiti fissati dalla Tabella 2 dell’allegato 5, alla parte IV della legge 152/2006, per numerosi composti organici e inorganici, con un andamento sistemico dal 2000 al 2016. A dimostrazione di una incapacità costante a garantire “un livello di protezione dell’ambiente e della salute umana”.
La denuncia ha anche un secondo intento: far rientrare l’area di Melfi in uno screening generale delle popolazioni locali per dimostrare che ci sono i presupposti per una denuncia di disastro ambientale e sanitario anche in questa area della Basilicata. I cui piani regionali di gestione dei rifiuti hanno sempre avuto come centralità non il riciclo e il recupero, ma la produzione di Css, Combustibile solido secondario, e l’incenerimento, per un giro di affari annuo intorno ai 100 milioni di euro.
Nei 9 pozzi di monitoraggio delle falde sottostanti La Fenice, dal 2000 al 2007, si sono registrati sforamenti dei limiti di tolleranza di Piombo, Nichel, Cromo e, più sporadicamente, di Mercurio. Questi dati sono stati tenuti nascosti alla popolazione per circa 9 anni. Dal 2011 al 2016, invece, si registrano continui superamenti dei limiti di Ferro, Nichel, Manganese, Fluoruri, Solfati, Tricloro metano, Tricloro Etilene, Tetracloro Etilene, Dicloroproprano.
I dati inviati alla Commissione europea sono relativi anche all’irregolarità dell’Aia, Autorizzazione integrata ambientale, sono corredati di testimonianze di cittadini e associazioni e denunciano anche l’assenza di rilevamenti efficaci contro l’inquinamento dell’aria da diossina, polveri sottili, H2S e composti organici volatili.
In una situazione del genere, il governo italiano sembra voglia dichiarare questa struttura obsoleta come “opera strategica“, al fine di non farla chiudere entro il 2020, anno limite per l’Eu per la produzione di energia dall’incenerimento dei rifiuti, dimostrando un ingiustificato interesse specifico.