Commissione d’inchiesta su Eni: la maggioranza la affossa!


Nel video qui sopra l’intervento con il quale il portavoce M5S al Senato Vito Petrocelli chiede che venga discussa la dichiarazione di urgenza del Documento XII, n.23 (Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull’ENI Spa). Il Pd, naturalmente, ha dichiarato voto contrario
Ieri, nell’incontro tra alcuni esponenti del M5S e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, quest’ultimo si è espresso a favore di una politica energetica che valorizzi le energie alternative a quelle fossili, e ha confermato l’urgenza di porre un freno al fenomeno corruttivo. I due temi si sovrappongono nel caso di Eni Spa, l’ultima grande azienda ancora a maggioranza pubblica, seppur relativa. Il 25% di Eni è in mano a Cassa Depositi e Presiti e il 5% al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Eni fa gola a potenze estere interessate alle risorse energetiche di alcuni Paesi nordafricani e mediorientali, con i quali la stessa Eni, fin dai tempi di Enrico Mattei, ha saputo costruire rapporti reciprocamente vantaggiosi. Si tratta, in particolare, della Libia, dell’Egitto e dell’Iran. Deve essere chiaro, quindi, che l’intenzione del M5S non è di affossare Eni, come fanno credere i senatori di maggioranza, ma di istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta su Eni per favorire una pulizia interna e una gestione più consona agli interessi nazionali e all’etica pubblica. Il sogno del M5S è che l’Eni torni strumento di autonomia energetica al servizio della comunità nazionale.
Qui di seguito il testo dell’intervento di Vito Petrocelli in Senato
“L’obiettivo principale della Commissione e` quello di analizzare il legame tra le attivita`, la gestione e la situazione economico-finanziaria di Eni SpA e delle societa` interamente partecipate o controllate dalla stessa e il fenomeno della corruzione, che presenta per la sua dimensione, estensione e profondita`, connessioni dirette con il sistema politico, con la pubblica amministrazione, con il sistema delle autonomie locali, con i corpi tecnici e con i funzionari dello Stato, con il mondo delle imprese e piu`in generale dell’economia e della finanza.
Eni e`stata ed e`a tutt’oggi parte in numerosi procedimenti civili e amministrativi e in
azioni legali collegati allo svolgimento delle attivita` industriali, nonche´in diversi contenziosi fiscali: da quello relativo all’omesso pagamento ICI per alcune piattaforme petrolifere localizzate nelle acque territoriali del Mare Adriatico, all’accertamento per la con- cessione di Cabinda in Angola, un procedimento relativo alla raffineria di Gela, in un procedimento relativo alle aree site nei comuni di Cassano allo Ionio e Cerchiara di Calabria, nelle indagini che interessano la Syndial SpA nel sito di Crotone, nel processo che vede imputate la Syndial e la Versalis SpA per disastro ambientale a Porto Torres. Ma ciòche desta grande preoccupazione e` il grado di coinvolgimento sempre maggiore dell’ENI in presunti casi di corruzione e, segnatamente, di corruzione internazionale: appalti stipulati dalla societa` controllata EniPower, ipotesi di corruzione internazionale in relazione alle attivita` Eni in Kazakhstan, un parallelo filone di indagini riferite ad attivita` condotte da Eni in Iraq, ipotesi di reato di corruzione internazionale relative ad attivita` di societa` del Gruppo Saipem in Algeria, ipotesi di corruzione internazionale per ottenere la concessione decennale del campo di esplorazione petrolifera Opl 245, al largo della Nigeria.
Alla luce dei fatti predetti, che hanno evidenziato il pervicace coinvolgimento del personale dell’Eni e delle societa` controllate nell’ambito di numerose inchieste giudiziarie, si reputa dunque necessario ed urgente approfondire le ragioni che hanno portato a tali operazioni, nonche´comprendere quali correttivi possano essere apportati a livello normativo per rendere piu`trasparente la gestione delle societa`a partecipazione pubblica e per contrastare piu`efficacemente la corruzione.
Le indagini della magistratura, che chiamano in causa dirigenti di rilievo del gruppo e persone ad esse collegate, esigono che si faccia la massima chiarezza, tenuto conto che tali fatti si scontrano con gli obiettivi che Eni proclama di perseguire nella lotta alla corruzione. L’Eni, infatti, e`, a parole, fortemente impegnata nell’affermazione di valori quali la legalita`, l’equita` e l’integrita`, come si osserva anche nel codice etico che si e`data. Nel codice etico sono vietate espressamente pratiche di corruzione, favori illegittimi, comportamenti collusivi, sollecitazioni, dirette e/o attraverso terzi, di vantaggi personali e di carriera per se´ o per altri.
Inoltre, successivamente all’approvazione da parte del consiglio di amministrazione, Eni ha adottato le «Linee Guida Anti-Corruzione», con l’obiettivo di fornire ai propri dipendenti e collaboratori le adeguate conoscenze per prevenire e contrastare atti di corruzione. E’evidente, quindi, come il coinvolgimento del management di Eni nei diversi presunti casi di corruzione precedentemente riportati susciti forti dubbi in merito alla reale efficacia degli standard etici e anti-corruzione di cui le societa`si dotano e, in particolare, del ruolo che a fini anticorruttivi e di legalita` puo` svolgere l’azionista pubblico nelle societa`a partecipazione statale.
Proprio per tali motivi si propone l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull’operato di Eni SpA
“.
Sorge spontaneo a questo punto un quesito: cosa vuole fare Eni da grande? Sviluppare il settore delle energie rinnovabili a partire dalle sue invidiabili competenze interne, o rimanere legata al settore del fossile, in un contesto imperialista di spoliazione delle ricchezze di Paesi instabili e sottosviluppati? È il senso della domanda che lo stesso senatore M5S Vito Petrocelli sottopose ad alti dirigenti Eni a margine di una delle numerose audizioni parlamentari sul tema. La risposta interessa a tutti gli italiani.