L’INPS spazza via le menzogne del Governo sul Jobs Act


Lo abbiamo già detto, lo ripetiamo: nel 2015 c’è stata una bolla occupazionale drogata dal Governo, costosissima e dannosa. Meno di 200 mila nuovi posti di lavoro con un nuovo contratto ancor più precario di prima (a “tutele crescenti”), per un totale di spesa nel triennio di 12 miliardi di euro, con i quali si potevano finanziare sia il reddito di cittadinanza che le urgentissime spese in investimenti per far ripartire davvero economia e occupazione.
Cosa si scopre dopo soli tre mesi del 2016? Che appena è stato ridotto l’incentivo alle imprese per i neoassunti a tutele crescenti (da 8.060 a 3.250 euro, da 3 anni a 2 anni) la bolla si è sgonfiata. L’Inps certifica che nel primo trimestre di quest’anno (gennaio-marzo) il saldo tra attivazioni e cessazioni per i contratti a tutele crescenti è di sole 51.087 unità, 173.842 in meno del primo trimestre 2015. Un vero e proprio tracollo, pari al -77%.
Il nuovo contratto precario ideato dal Governo non tira più, dopo un solo anno dalla sua nascita. Le imprese hanno già trovato un sostituto: il voucher. Si tratta di un buono che può essere usato per tutte le forme di lavoro occasionale e vale 10 euro l’ora lordi, 7,5 netti. Questa nuova frontiera della precarietà consente di sostituire i regolari contratti di lavoro con tagliandi che privano il lavoratore di ogni tutela e stabilità. Non c’è nemmeno più bisogno di licenziare, dato che un’assunzione in piena regola non è prevista. Ebbene, a dimostrazione del fatto che questo Governo sta favorendo la precarietà, invece che combatterla, l’Inps presenta dati allarmanti sui voucher: nel primo trimestre 2016 ne sono stati venduti 31,5 milioni con un boom del 45,6% rispetto al 2015. Già l’anno scorso c’era stato un balzo del 75,4% sul 2014. La direzione è tracciata, e tutto quello che il Governo ha saputo fare è stato inventarsi un contratto precario drogato da costosissimi incentivi fiscali.
Contratto sul quale, tra l’altro, sono già stati certificati dall’INPS abusi di notevoli dimensioni. Si parla di 100 mila truffe per un esborso di soldi pubblici pari a 600 milioni di euro. Molte imprese, infatti, licenziavano il lavoratore a tempo indeterminato, lo riassumevano a tempo determinato e dopo 6 mesi trasformavano il tempo indeterminato in contratto a tutele crescenti per ricevere l’incentivo statale. Su questo ulteriore punto di debolezza del Jobs Act il Movimento 5 Stelle è intervenuto sia in sede di esame della legge che successivamente, con diverse interrogazioni parlamentari. L’unica risposta ricevuta dal Governo è stata una esplicita ammissione di impotenza: le truffe ci sono state e continueranno ad esserci, perché sono incontrollabili.
Nel 2015, peraltro, l’elemento decisivo è stato il contesto internazionale favorevole, tra svalutazione iniziale dell’euro, manovre monetarie della BCE e soprattutto crollo del prezzo del petrolio. È lo stesso Governo, nei suoi documenti ufficiali, a scrivere che gran parte della crescita del PIL (e quindi indirettamente dell’occupazione) è merito del prezzo calante dell’oro nero.
Su Jobs Act, contratto a tutele crescenti e occupazione questo Governo ha dato il peggio di sé, costruendo un castello di carte mediatico che Istat e Inps facevano crollare di mese in mese. Questo inizio di 2016 non ammette più equivoci: la curva della precarietà continua a crescere, e i risultati gonfiati dello scorso anno mostrano il loro vero volto.