Azzardo, i clan giocano e il Governo rimane a guardare

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“Lo Stato italiano ha reso legale il gioco anche per toglierlo dalle mani della criminalità organizzata. Soltanto ieri un’operazione dei carabinieri di Casale di Principe ha portato all’arresto di ben 41 persone tra cui il figlio del famigerato boss Schiavone detto Sandokan. Un’indagine definita poderosa che attraverso il poker online le installazioni delle macchinette da gioco nei bar fruttava fiumi di soldi che servivano a mantenere gli affiliati in carcere. Così da una parte abbiamo Agenzia delle dogane e dei monopoli che dovrebbe controllare e dall’altra la magistratura che arresta, nel mezzo il gioco illegale prospera, e nessuno che paga per le gravi falle nelle autorizzazioni e nei controlli del cosiddetto gioco legale che permettono infiltrazioni così gravi”.
I deputati M5S della commissione Finanze hanno presentato un’interrogazione al ministro Padoan in merito: “La risposta è veramente molto aleatoria, una sorta di lunga giustificazione del fatto che le Dogane non hanno potere repressivo. Infatti dovrebbe avere potere di controllo, perché allo stato dei fatti abbiamo che il lavoro per le forze dell’ordine e della magistratura è raddoppiato tra gioco legale e illegale che, per come appare e per gli effetti che genera, in fin dei conti è quasi la stessa cosa. Tutto il sistema non solo è costruito per danneggiare i cittadini, una nostra battaglia quella contro le slot che creano dipendenze e rovinano le vite soprattutto delle classi più deboli, ma rendendole legali, sono diventate uno dei mezzi preferiti delle mafie che si possono muovere in un campo totalmente grigio che permette estorsioni legali. Anche i numeri forniti di ben 56 complessi aziendali operanti nel settore giochi sequestrati per il valore pari a 1 miliardo, le migliaia di sanzioni elevate, le migliaia di violazioni i migliaia di controlli con relativi sequestri disegnano un quadro fortemente vessatorio del mondo del gioco non solo nei confronti dei cittadini ma anche delle forze dell’ordine che devono triplicare gli sforzi mentre l’Agenzia per le Dogane rimane a guardare”.