Il DL Immigrazione aggraverà i problemi, invece di risolverli


Il nostro dissenso nei confronti di questo decreto è molto marcato e nasce da due ordini di motivazioni che riguardano il metodo e il merito del provvedimento. Per quanto riguarda il metodo ci riferiamo al modo in cui è stato condotto l’esame del decreto legge e, soprattutto, a questo monocameralismo di fatto che ad ogni provvedimento d’urgenza si radica sempre più nelle prassi parlamentari in totale contrasto con i principi costituzionali.
Si tratta di una cattiva, anzi cattivissima pratica, che non nasce oggi, ma che con il governo Gentiloni, forse a causa della sua debolezza e precarietà politica, sembra divenire più frequente. Il tema è già stato al centro del dibattito sulle questioni pregiudiziali, ma non si può non toccare, anche nel momento in cui si arriva all’atto finale dell’esame.L’articolo 70 della Costituzione, e mi scuso per la banalità della citazione, prevede che la funzione legislativa sia esercitata collettivamente dalle due Camere.
Ciò, nella sostanza, non è avvenuto per questo decreto, come non è avvenuto in passato. Non è ammissibile che, su questioni di grande rilevanza come è appunto l’immigrazione, la Camera dei deputati si debba limitare a ratificare quanto è stato votato dal Senato, solo perché in quella Camera i numeri non sono così saldi e una terza lettura potrebbe comportare problemi. Anche sul modo in cui l’esame è stato condotto in commissione c’è molto da dire, e da parte nostra da criticare. In questo caso, e aggiungo purtroppo, la critica non può essere limitata solo al Governo, ma va estesa a tutti i soggetti che hanno avuto un ruolo determinante nello stabilire la calendarizzazione e i tempi di esame del provvedimento.
In primo luogo, dunque, i capigruppo di maggioranza che hanno accettato passivamente e, soprattutto supinamente, l’indicazione arrivata dal ministro per i rapporti con il Parlamento, di prevedere un percorso estremamente rapido, oltre che blindato ad iniziare dall’esame in commissione.
Poiché, però, alla Camera, la maggioranza richiesta dal regolamento per approvare il calendario non si raggiunge mai, non possiamo astenerci dal chiamare in causa anche la presidenza, perché materialmente alla fine è la Presidente della Camera che ha acconsentito ad una calendarizzazione che comportava come conseguenza un esame in commissione inesistente.
Di fatto, in commissione, si è tenuta un’unica seduta per esaminare gli emendamenti presentati. Quindi si è trattato di una vera e propria farsa. E chi partecipa ad una farsa ne diventa complice. E’ per questo che, quando si è capito che non ci sarebbe stato neppure lo spazio per discutere degli argomenti oggetto delle proposte emendative, l’opposizione se n’è andata lasciando a maggioranza e governo l’onere di proseguire la recita.
Passando ora al merito del decreto, il dissenso da parte del Movimento 5 Stelle rimane molto forte. In primo luogo perché è sbagliata in radice l’impostazione dell’approccio sul modo in cui viene affrontato il tema immigrazione. Il Movimento 5 Stelle sostiene da tempo che il fenomeno immigrazione è ormai un dato strutturale sia della politica europea, sia delle politiche nazionali dei singoli Stati.
Se dunque lo si vuole affrontare in maniera seria non vi è altra strada rispetto a quella dei provvedimenti strutturali e delle politiche di lungo periodo. Altrimenti il problema non solo non si risolverà mai, ma si aggraverà ogni volta di più. Al contrario il Governo continua nel voler procedere sulla scorta di provvedimenti emergenziali e di decisioni tampone, che provano a porre rimedio ad un evento come se si fosse manifestato in maniera improvvisa. Questa è sempre stata la linea che ha seguito il Viminale sin da quando c’era il ministro Alfano, e questa continua ad essere la cifra che contraddistingue l’opera del nuovo ministro Minniti. Se poi andiamo a vedere le singole disposizioni del provvedimento, il disegno che emerge è quello preoccupante di una “giustizia speciale” per alcune categorie di persone. In questo caso specifico, l’oggetto della costituenda giustizia speciale, sono i migranti, ma il problema non riguarda l’oggetto dell’operazione, bensì l’operazione stessa.
Questo testo introduce il concetto di una giustizia speciale, di un diritto che non è uguale per tutti, ma che fa delle distinzioni tra categorie di persone e che ad alcuni soggetti rende praticamente impossibile farsi ascoltare da un giudice, ed che solo ad alcuni sottrae un grado di giudizio. Questo nuovo concetto di giustizia deve essere respinto con decisione da tutte le forze democratiche e da chi crede nello Stato di diritto. Quando la bilancia della giustizia non è più in piano, quando si prevedono eccezioni che molte persone possono anche giustificare alla luce della paura che suscitano casi come ad esempio quello di Stoccolma, non si pongono le basi per avere più sicurezza. Al contrario, si pongono le basi per avere tutti meno garanzie e meno diritti. E’ come chi, per uccidere un nemico, accetta di sprigionare un virus che può infettare anche se stesso. Parlo di giustizia speciale perché è questa la direzione che si è voluta prendere con forza, dal momento che il richiedente asilo che vorrà ricorrere nei confronti della decisione delle commissioni territoriali, non avrà la possibilità concreta di essere ascoltato dal giudice al quale farà ricorso, ma avrà solo la possibilità di ricorre in Cassazione.
Qualcuno ha detto che, anche in altri Paesi, si prevedono solo due gradi di giudizio. E’ vero. Ma la differenza tra quei casi e le norme che stiamo introducendo è grossa come una casa. Perché nei casi citati è l’ordinamento che prevede per tutti solo due gradi di giudizio, qui da noi sarà invece previsto solo per alcuni. Che dire poi della norma che costringe il giudice a decidere su una controversia solo guardando una videoregistrazione di un paio di ore. Il richiedente asilo non è un turista che arriva in aeroporto dopo aver viaggiato in business class. Non scende da una nave da crociera a Civitavecchia o a Savona. Si tratta di un soggetto debole e in difficoltà. In molti casi scappa. E’ un fuggiasco da persecuzioni o dal rischio di essere vittima inerme di una guerra tra bande o peggio, vedi la Siria, tra eserciti di Stati diversi.
A questi soggetti le norme previste da questo decreto tolgono di fatto il supporto di un avvocato, perché se non vai in udienza l’avvocato può fare poco. Stringono i cordoni della borsa del gratuito patrocinio ma, soprattutto, si prevede che, quando la sua residenza è in un cie, o in altra struttura di accoglienza, tutte le comunicazioni relative alla sua richiesta vengono mandate via mail. E parliamo di persone che, in molti casi, non hanno di che lavarsi, sono stipati in alcuni casi come bestie, ma si dà per certo che possano ricevere e-mail. Che il ragionamento fili poco se l’è posto anche chi ha scritto il decreto e così chi materialmente riceve l’e-mail è il direttore della struttura di accoglienza, che la deve comunicare all’interessato. Un soggetto che non è terzo, un soggetto che non dà garanzie. Personalmente sono profondamente convinta che, con l’approvazione di questo decreto, non risolveremo i problemi che oggi ci sono, ma li aggraveremo e tra un anno ci sarà qualcuno che proporrà l’ennesima soluzione emergenziale improvvisata. Ciò di cui sono certa è che, con questo decreto, sicuramente intacchiamo lo Stato di diritto e riduciamo le garanzie, per i migranti nell’immediato, per tutti in un possibile futuro.
Il Movimento 5 Stelle non condivide l’impostazione che i governi hanno seguito in questa legislatura sull’immigrazione e, soprattutto, è profondamente contrario a questo decreto. E’ per questo, dunque, che il nostro gruppo voterà convintamente contro il provvedimento.
Fabiana Dadone M5S Camera