#Stoptrivellazioni, ecco perchè l’Italia non si può ridurre un colabrodo

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Solo pochi giorni fa, in vista del Consiglio europeo sugli obiettivi UE 2030 Clima-Energia, abbiamo discusso in Aula al Senato sulla necessità di affrontare il problema del cambiamento climatico per far fronte ai rischi e i pericoli che si stanno manifestando. Il gruppo M5S chiese al Governo di sostenere in Europa una posizione ambiziosa sui target possibilmente vincolanti.
La scarsa sensibilità su questo tema ha spinto i capi di Stato e di governo della UE, con la prima fila della presidenza italiana, a trovare un accordo a “ribasso” per ridurre le emissioni di gas serra del 40% rispetto ai livelli del 1990, incrementare poco le rinnovabili che dovranno arrivare al 27% dei consumi finali di energia e raggiungere uno scarso 27% dell’efficienza energetica.
Una posizione in totale contraddizione con quanto l’IPCC (International Panel on Climate Change), il braccio scientifico delle Nazioni Unite sul clima, ha reso noto l’altro giorno con la pubblicazione dell’ultima parte del quinto rapporto sui cambiamenti climatici. É stato ribadito con forza che c’è ancora tempo per fermare i cambiamenti climatici, a patto di iniziare ad agire subito.
Entro il 2050, secondo gli scienziati, bisognerà aver ridotto del 40-70 per cento le emissioni mondiali di gas serra, per mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C. Per fare questo bisogna lasciare dove sono almeno tre quarti delle riserve di combustibili fossili, soprattutto petrolio e carbone, e puntare invece su efficienza energetica e tecnologie pulite. Il rapporto inoltre non lascia dubbi su quale debba essere la direzione da adottare nei prossimi anni e specifica che entro il 2050 sarà necessario soddisfare con energie rinnovabili almeno l’80 per cento delle necessità energetiche globali, e entro il 2100 i combustibili fossili non dovrebbero essere più utilizzati.
Cosa sta facendo il Governo e il Parlamento in merito al tema del cambiamento climatico, dell’energia e dell’ambiente? Nel provvedimento Sblocca Italia che stiamo discutendo in questo momento, emerge con chiarezza l’indirizzo che il Governo ci propone nel settore dell’energia con l’articolo 38: favorire l’estrazione di idrocarburi con una serie di norme rivolte alla semplificazione e lo snellimento dei procedimenti autorizzativi. Prendiamo atto che il Governo si propone sponsor del petrolio, nonostante gli impegni assunti dal Presidente Renzi al summit dell’Onu sul clima, dando nelle mani delle compagnie buona parte del territorio e dei suoi prodotti, dei paesaggi, dei beni culturali, della bellezza e della storia del nostro Paese.
L’estrazione petrolifera, nei paesi stranieri che hanno rispetto del proprio territorio, normalmente viene fatta in zone disabitate o scarsamente abitate. Norme di puro buonsenso, prima ancora delle buone norme ecologiche, sconsigliano in modo assoluto l’estrazione petrolifera in territori densamente abitati, come quelli dell’Italia. La ragione è che non presenta subito problemi visibili per l’ambiente.
Tutto sembra pulito, senza inconvenienti, invece di problemi ce ne sono, eccome:
– Il primo è quello delle scorie, che nel tempo producono conseguenze molto gravi per l’ambiente.
– Il secondo problema è quello del rischio di incendi devastanti, durante l’estrazione o nel trasporto.
– Il terzo è quello del deterioramento del sottosuolo; generalmente irreversibile per la falda acquifera (questo danno lo si vedrà particolarmente in conseguenza delle estrazioni che si stanno facendo in Basilicata e in Emilia Romagna).
– Il quarto è un altro rischio di provocare spostamenti tellurici anche in zone generalmente non esposte a questo rischio. Qualcosa del genere si è verificata recentemente e ripetutamente in Emilia-Romagna.
– Il quinto è legato al trasporto degli idrocarburi estratti. Rischi che diventano altissimi se il trasporto avviene – come in Basilicata – mediante oleodotti che sono in parte a cielo aperto. Gli oleodotti sono esposti alla gravissima eventualità di danneggiamento e perfino di incendio doloso.