Moody’s: Grecia più ricca fuori dall’euro

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L’agenzia di rating Moody’s sostiene che un’uscita dall’euro della Grecia sarebbe positiva per gli ellenici, rilanciando nel medio periodo la loro economia.
Il ragionamento degli analisti finanziari è corretto, per tre motivi:
1) La Grecia tornerebbe ad una moneta compatibile con la sua economia, e svaluterebbe quindi rispetto all’euro e alle altre valute. Questo renderebbe più competitive sui mercati esteri le merci greche, aumentando le esportazioni e quindi l’occupazione interna.
2) La ritrovata sovranità monetaria consentirebbe al Governo greco, di concerto con la Banca nazionale, di fare deficit positivi per l’economia, ovvero diretti alle infrastrutture, al rilancio dell’occupazione e dei redditi, invece che al pagamento di enormi interessi sul debito pubblico.
3) Lo stesso debito pubblico sarebbe molto meno costoso, perché la Banca centrale greca potrebbe acquistarne la parte non venduta sui mercati, abbassando i tassi di interesse.
Queste manovre combinate rilancerebbero i consumi e quindi anche l’occupazione e i salari. Presto alla domanda estera (esportazioni) si sostituirebbe una florida domanda interna, garantendo alle aziende greche profitti stabili.
Per la Grecia il pericolo arriverebbe nel breve periodo. L’uscita dall’euro sarebbe difficile da gestire, perché buona parte del debito pubblico ellenico è stato contratto in euro con istituzioni sovranazionali e non potrebbe essere riconvertito nella nuova dracma. La Grecia, a differenza dell’Italia, dovrebbe contare sulla benevolenza dei creditori esteri, e non pagare tutto il debito o dilazionarlo negli anni. La svalutazione, oltre a rendere più oneroso il debito in euro, aumenterebbe il costo delle importazioni, necessarie alla Grecia per ripartire perché il suo tessuto industriale è stato messo a durissima prova da euro e austerità.
La conclusione di Moody’s, però, rimane valida: un Paese con la sua moneta può trasformare il debito in ricchezza dei suoi cittadini, investire in ricerca, scuola, innovazione e infrastrutture, agevolando il settore privato e la collettività. Lo stesso debito, stimolando il Pil, si ripagherebbe da sé.
Inutile dire che l’Italia, nonostante la crisi prolungata, è un’economia ben più avanzata e solida di quella greca. Le nostre difficoltà con il debito pubblico, l’impoverimento delle famiglie e la disoccupazione sono strettamente legate all’assenza di sovranità monetaria. Sebbene l’uscita vada gestita con attenzione e competenza, le difficoltà di breve periodo sarebbero irrisorie rispetto a quelle greche. Va notato, ad esempio, che circa il 94% del nostro debito pubblico potrà essere convertito in lire, perché contratto sotto diritto italiano. Imponendo il controllo dei movimenti dei capitali e costringendo le banche commerciali ad acquistare parte del nostro debito, la nuova lira si stabilizzerebbe ben presto sui mercati valutari e il Governo potrebbe indirizzare l’economia verso il rilancio della domanda interna, alti salari e alti profitti, rendendosi gradualmente più indipendente dai mercati esteri e dalla speculazione.
L’uscita dall’euro va preparata con grande serietà, preparando un piano di rilancio industriale e di gestione finanziaria dell’uscita, ma ciò che nemmeno Moody’s riesce più a negare è che dentro l’euro ci aspetta un lento e soffocante declino, mentre fuori sovranità, sviluppo e democrazia.