Nella Delega sulla P.A. spunta l’ombra di un ‘Salva-Renzi’

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L’epoca delle leggi ad personam, che molti speravano archiviata con la fine del governo Berlusconi, potrebbe non essersi conclusa. E anche da questo governo potrebbero arrivare sorprendenti colpi di scena.
Nella legge delega sulla Pubblica Amministrazione in esame al Senato, infatti, è spuntato un emendamento della maggioranza che a prima vista farebbe pensare all’ennesima legge ad personam, e sulla quale, lo diciamo subito, chiediamo che Matteo Renzi faccia immediatamente chiarezza.
Partiamo dai fatti. Il 5 agosto 2011 Matteo Renzi viene condannato in primo grado dalla Corte dei Conti per danno erariale per fatti legati all’epoca in cui era Presidente della Provincia di Firenze. La Corte dei Conti gli contesta la categoria di inquadramento di quattro persone nello staff, assunte presso la provincia di Firenze a tempo determinato in categoria D (laureati) anziché C (non laureati) in violazione delle disposizioni riguardanti la contrattazione collettiva del comparto, con un danno erariale di circa 816 mila euro.
La Corte prevede il pagamento di una somma totale di 50 mila euro, di cui 14 mila a carico di Renzi, i restanti a carico di venti persone fra colleghi di Giunta e funzionari. Alla fine del procedimento, e nonostante la condanna, Renzi attribuì la responsabilità delle assunzioni contestate dalla Corte dei Conti ai funzionari della Provincia dichiarando: “non si tratta di amici e parenti, e se un dirigente ha sbagliato l’inquadramento ce ne assumeremo la responsabilità, ma è difficile accettare l’idea che siano gli amministratori e non i funzionari i responsabili di questi eventuali errori tecnici”. Renzi impugna in appello la sentenza e la Corte dei Conti riapre il caso con una prima udienza che si è svolta a settembre 2014.
Ma i problemi di Renzi con le assunzioni pubbliche non finiscono qui. Sempre la Corte dei Conti, infatti, nel novembre 2012 rileva che il bilancio del Comune di Firenze negli anni 2012-2013, cioè proprio sotto l’amministrazione Renzi, presentava “una reiterata irregolarità contabile contraria ai principi di sana gestione” legata proprio a delle assunzioni che andavano oltre le possibilità del bilancio del Comune.
A giugno 2014 compare la bozza del decreto sulla P.A. e già qui c’è il primo tentativo dell’attuale governo di infilarci una norma ‘salva Renzi’. Colto con le mani nel sacco, il governo affida allo staff di Palazzo Chigi il dietrofront: “C’è un errore, lo faremo sparire”.
Bene. Ora, a distanza di sette mesi, spunta fuori un emendamento sempre al disegno di legge delega n. 1577 sulla riorganizzazione della PA, presentato nei giorni scorsi dal senatore del Pd e relatore del provvedimento Giorgio Pagliari, che a una prima lettura sembra costruito ad arte per mettere nuovamente fine ai guai giudiziari del premier Renzi e aggirare la possibile sentenza definitiva della Corte dei Conti.
L’emendamento è il n. 13.500 e va a modificare l’art. 13 della legge delega (quello relativo al Riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) al punto g, prevedendo “il rafforzamento del principio di separazione tra indirizzo politico – amministrativo e gestione del conseguente regime di responsabilità dei dirigenti, anche attraverso l’esclusiva imputabilità agli stessi della responsabilità amministrativo – contabile per l’attività gestionale“.
Questo cosa significa? Significa che per effetto dell’emendamento Pagliari per ogni danno erariale provocato da un ufficio e/o ente pubblico (come quello che la Corte dei Conti della Toscana contesta a Renzi), la responsabilità esclusiva da un punto di vista della gestione amministrativo – contabile ricade solo e soltanto sul dirigente stesso e non su chi è a capo dell’ufficio preposto. Conclusione: Renzi potrebbe essere esente da qualsiasi responsabilità come Presidente della Provincia di Firenze e potrebbe far ricadere tutto sulle spalle dei dirigenti e il processo a suo carico automaticamente potrebbe essere cancellato con un tratto di penna.
Se vogliamo credere che la prima volta si è trattato di un errore in buona fede, questo secondo tentativo, a distanza di così poco tempo, insospettisce e non poco. Per questo chiediamo al premier Matteo Renzi di fugare ogni dubbio sul fatto che questa norma possa andare, anche indirettamente, a cancellare il suo processo, sanando così i suoi guai con la giustizia.