Kyenge, M5s: per le offese di Calderoli non ci sono scusanti

calderoli kyenge.jpg La giunta delle elezioni e le immunità parlamentari del Senato ha salvato Roberto Calderoli dall’accusa di istigazione al razzismo e diffamazione nei confronti dell’ex ministro Cécile Kyenge. La richiesta era stata formulata in relazione alle offese che l’esponente della Lega nord aveva pronunciato nel corso di un comizio a Treviglio nel 2013.
Il Movimento 5 stelle aveva proposto, con il relatore Vito Crimi, che si procedesse, non sussistendo alcun nesso funzionale tra le dichiarazioni del senatore Calderoli e l’attività politica. La giunta di Palazzo Madama ha invece rigettato la relazione. Dire ‘quando la vedo non posso non pensare ad un orango’ secondo la giunta non è un’offesa razzista, ma sono termini ‘insindacabili’, quindi ‘pronunciati nell’esercizio delle funzioni politiche’ di un parlamentare e di conseguenza non perseguibili penalmente.
“A suo tempo Calderoli era stato condannato unanimemente da tutte le forze politiche: dal capo dello Stato ai presidenti delle Camere, e lo stesso Letta ne aveva auspicato le dimissioni da vicepresidente del Senato, per non parlare del Pd. E ora tutti i politici sono stati pronti a salvarlo, compresa una parte di quello stesso Partito democratico di cui la Kyenge era un’esponente – sostiene Vito Crimi -. Quando in un comizio pubblico si fanno dichiarazioni come quelle di Calderoli, non ci sono scusanti che tengano, meno che mai quella di essere un senatore. Attraversiamo un periodo storico in cui l’attacco politico è sempre più forte, ma non è comunque tollerabile che si sconfini nell’odio razziale e nella discriminazione“.
Non sarà certo la giunta a svolgere il processo, né tantomeno ha il compito di valutare capi di imputazione o di provare la sussistenza delle accuse: spetta al pm, al giudice e ai difensori. La giunta deve limitarsi a stabilire il nesso tra le dichiarazioni offensive rese pubblicamente e l’attività politica del senatore. “A giudicare dal voto espresso mi riesce difficile, sinceramente, concordare con i colleghi secondo cui fare attività politica comprenda anche chiamare orango un ministro. Ma la proposta dovrà passare dal voto in aula, staremo a vedere” conclude Crimi.