Senato alla Renzi-Verdini: per sindaci e consiglieri regionali c’è l’immunità parlamentare

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Il nuovo Senato che il duo Renzi & Verdini (Verdini lo ricordiamo: uomo rinviato a giudizio e plurindagato per concorso in corruzione, truffa, bancarotta fraudolenta, appalti e finanziamenti illeciti, indebita percezione di fondi per l’editoria) sta disegnando sarà composto, dunque, da 100 membri, tra i quali 95 di essi saranno scelti direttamente dai partiti (in conformità alla volontà degli elettori) tra i consiglieri regionali ed i sindaci rappresentanti dei cosiddetti enti territoriali (Regioni e Comuni).
Tutti i 100 nuovi senatori godranno dell’immunità parlamentare. Questo significa che, qualora la magistratura volesse approfondire le indagini giudiziarie nei loro confronti, il nuovo Senato potrà non adempiere alle richieste della Magistratura negando la cosiddetta autorizzazione per l’utilizzo di intercettazioni e perquisizioni o per disporre l’arresto. Esattamente così come è avvenuto recentemente con Azzolini. Così i processi andrebbero in prescrizione ed il nuovo senatore continuerebbe a sedere comodo sulla propria poltrona. Ma non solo, vi è di più!
I nuovi senatori – sindaci hanno, addirittura, ulteriori privilegi. Ed infatti, qualora fossero direttamente coinvolti in inchieste giudiziarie per interessi illeciti mafiosi, ovvero qualora la propria giunta comunale venisse sciolta o commissariata per infiltrazioni mafiose, il senatore – sindaco potrebbe continuare a fare sonni tranquilli, avendo la certezza di mantenere, comunque, l’incarico da senatore, dal quale non decadrebbe. Questa ulteriore guarentigia è l’effetto dell’art. 2 dell ddl Boschi che va a modificare l’art. 57 della Costituzione. Tale norma, infatti, nel non prevedere alcuna decadenza automatica dalla carica per il senatore – sindaco nelle ipotesi di scioglimento del Consiglio Comunale (creando una lacuna giuridica senza precedenti) prevede, invece, che “la durata del mandato dei senatori (consiglieri e sindaci) coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali nei quali sono stati eletti”. E considerato che i nuovi senatori verranno eletti tutti dai Consigli Regionali come prevede il comma II dell’art. 2 del ddl Boschi, è evidente che la durata dell’incarico a senatore da parte del sindaco eletto dovrà coincidere, inevitabilmente, con la durata dell’organo che ha provveduto ad eleggerlo, ovvero con l’intera durata del Consiglio Regionale di appartenenza (5 anni).
Dunque in caso di scioglimento di un Comune per mafia, il sindaco – senatore, seppur coinvolto direttamente nello scandalo, seppur avesse preso e dato mazzette e appalti illeciti o avesse agevolato corruzione e sperpero di denaro pubblico, resterebbe seduto tranquillamente sulla poltrona del Senato. Protetto non solo dalla mancata decadenza dall’incarico, ma anche dall’immunità riconosciutagli dalla riforma. Considerato che 17 consigli regionali su 20 in Italia sono finiti sotto inchiesta per spese inappropriate e per la forte percentuale di indagati nelle assemblee, nonchè considerato i moltissimi Comuni sciolti per mafia (239 dal 1991 ad oggi con una media di 20 Comuni all’anno sciolti per mafia) la riforma altro non fa che rendere costituzionale il diritto per il politici territoriali indagati e collusi con le mafie a non essere processati ed a mantenere, comunque, la poltrona in Senato. Poltrona pagata, comunque, dai cittadini.
Una riforma, dunque, che, in coerenza con lo spirito dei nuovi padri costituenti (molti di loro, lo ricordiamo, condannati o indagati), produrrà quale unico effetto il moltiplicarsi della presenza di politici corrotti nel Parlamento!