Grazie al governo, i petrolieri fanno lezione nelle scuole pubbliche

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Ricordate la vicenda di McDonalds che si fa pubblicità nelle scuole, denunciata da noi? Non si tratta di un episodio isolato, ma di quella che sta diventando una prassi. Stavolta tocca all’ENI.
Miur ed Eni hanno addirittura sottoscritto un protocollo, pieno di belle parole:  diffondere “tra le giovani generazioni di studenti la cultura dell’efficienza energetica, la sensibilizzazione all’uso consapevole e rispettoso delle fonti di approvvigionamento, la vocazione allo studio delle discipline scientifiche” e altri blabla.
Nel concreto però funziona diversamente, come dimostra il caso del progetto “Chemical minds” (battezzato in inglese, “menti chimiche”), nella quale in sostanza gli studenti sono utilizzati per promuovere il brand dell’Eni. La divulgazione nelle scuole di questa campagna racconta furbescamente soltanto alcuni degli aspetti legati all’energia, omettendone o ‘ammorbidendone’ altri come l’aggressione all’ecosistema, l’inquinamento ambientale, il rischio nucleare e quelli derivanti da trivellazioni, esplosioni. Lavaggio del cervello, propaganda, chiamatelo come volete. Già è abbastanza sgradevole quando ci viene inflitto nei media, figuriamoci nella scuola pubblica a spese di minorenni.
Il Miur aveva promesso un controllo rispetto all’attività dell’ENI a scuola, ma grazie all'”Autonomia scolastica” tanto cara a Renzi il ministero indirizza, ma poi se ne frega e non controlla. Provano a farlo le Commissione Cultura e Ambiente del M5S: hanno chiesto con un’interrogazione al ministro Giannini di fermare le iniziative fuorvianti, e di fornire l’elenco delle scuole che hanno aderito al progetto.
Almeno questo il Ministro è in grado di farlo, o ha paura di pestare i piedi ai petrolieri?