COP21, l’accordo sul clima è già inefficace: contro il riscaldamento globale occorrono obiettivi più ambiziosi

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Oggi il Senato ha votato con un anno di ritardo la ratifica dell’accordo globale sul clima COP21 siglato a Parigi a dicembre 2015. Una beffa se consideriamo che, con le attuali tendenze, le emissioni di gas serra non potranno diminuire al punto di centrare l’obiettivo previsto dall’accordo, ovvero l’incremento medio della temperatura terrestre non oltre i 2 °C. Tanto sbandierato alla conferenza di Parigi, l’unico traguardo che poteva avere significato non verrà centrato. La conseguenze e i danni dell’effetto serra dureranno per decine di migliaia di anni, causa l’innescarsi di processi naturali come la fusione incontrollata della calotta groenlandese.
L’accordo COP21, come se non bastasse, viene ratificato pochi giorni dopo l’allarme lanciato dall’Onu: Gli scienziati della Wmo (agenzia meteorologica mondiale) secondo cui i dati dell’ultimo anno annunciano una “nuova realtà climatica” fanno previsioni per niente incoraggianti. Il 2014 è stato l’anno più caldo di sempre, superato dal 2015 e ora per il 2016 si prevede un ulteriore aumento delle temperature. Al di là delle previsioni, su una cosa sono concordi tutti gli scienziati: le cause del riscaldamento globale sono da attribuirsi all’azione dell’uomo.
Non stiamo andando nella giusta direzione. Lo riconosce anche il Parlamento europeo: nella risoluzione del 6 ottobre scorso si invitano gli Stati membri a rivedere al rialzo i propri impegni, per rispondere alla sfida di Parigi. In Europa, e l‘Italia deve fare la sua parte, è necessario attivare reali politiche di decarbonizzazione. Nel 2015 abbiamo registrato un aumento di emissioni di gas serra del 2,5 per cento. Questo dato è dovuto anche alle scellerate scelte legislative che hanno finito per favorire, in un modo o nell’altro, il vecchio fossile. Occorre una nuova strategia energetica nazionale (SEN), se mai quella attuale abbia mai potuto legittimamente chiamarsi così.
Occorre fissare obiettivi ben più ambiziosi di quelli stabiliti dall’accordo di Parigi: azzerare le emissioni e aumentare il consumo finale lordo di rinnovabili elettriche, e soprattutto avviare processi di estrazione e stabilizzazione del carbonio atmosferico. Ci appare quindi opportuna questa ratifica, anche se tardiva, ma ci sembra urgente un progetto di revisione dei target europei e nazionali delle emissioni di gas a effetto serra.
Co2 e metano sono i principali gas a effetto serra che emettiamo con le nostre attività, in primis la combustione di carbone, petrolio, gas e zootecnia. Se l’anidride carbonica fosse densa e puzzolente forse capiremmo meglio cosa vuol dire aver raggiunto il valore più alto da un milione di anni a questa parte. Invece è inodore e incolore, e quindi dobbiamo fidarci degli scienziati e non dei nostri sensi, e iniziare da subito a cambiare lo stile di vita che ci ha portati fino a qui. Non dobbiamo e non possiamo permetterci di aspettare che il Pianeta trovi un suo equilibrio, perché la situazione può diventare irreversibile.
Quando eravamo piccoli ci dicevano che nell’atmosfera c’era circa il 72 per cento di azoto e circa il 18 per cento di ossigeno: oggi c’è poco più del 16 per cento. Quindi se apparentemente non possiamo considerare un gas considerato inodore, incolore e non tossico, in realtà non possiamo ignorare il fatto che la concentrazione di ossigeno nell’atmosfera scende, perché è l’ossigeno quello che respiriamo. Questo pianeta può andare avanti anche senza di noi, siamo noi che non possiamo andare avanti senza questo pianeta, che abbiamo il dovere e l’onere di proteggere e preservare per i nostri figli.
Il prossimo appuntamento è la COP22 in Marocco il 7 novembre e per evitare il peggio non mancano né la tecnologia né le risorse finanziarie, quello che scarseggia è il tempo e la volontà politica. Serve una visione del futuro. Allora oggi, sulla Terra e nel ventunesimo secolo, non è più pensabile che una oligarchia economica e politica decida delle sorti del pianeta. Senza considerare le tensioni sociali nelle mille realtà del pianeta stesso, né le guerre combattute in nome del petrolio e i milioni di migranti che un modello economico basato sul profitto, e per il profitto, sradica dalla loro terra e proietta verso terre sconosciute.
Questi sono i nuovi schiavi di un modello economico che non sta facendo i conti con l’immediato futuro, nel quale la semplificazione della tecnologia occorrente per fare economia e produrre energia inevitabilmente renderà sempre più universali, diffusi, partecipati e sostenibili i modelli decisionali e le scelte conseguenti. Dobbiamo e possiamo tutti fare la nostra parte. Cambiando quei comportamenti che ci hanno portato sino qui. Come diceva Einstein, “non è possibile continuare a fare le stesse cose ed aspettarsi un risultato diverso”.
Qui di seguito la playlist con interventi in aula: di Paola Nugnes, Carlo Martelli e Gianni Girotto in discussione generale e Vito Petrocelli in dichiarazione di voto